Attentati, risparmi e virus: da 20 anni "malati" di paura

L'inizio del nuovo secolo è segnato dal terrorismo islamico, dalle crisi finanziarie e ora dall'emergenza coronavirus. Mali che, diventati globali, ci hanno obbligato a cambiare stile di vita

Attentati, risparmi e virus: da 20 anni "malati" di paura

11 settembre 2001. Le colonne di fumo che svettano sul cielo di Manhattan. Le Torri Gemelle che si accartocciano sotto l'attacco islamista all'America. I vigili del fuoco che, completamente coperti di fuliggine bianca, cercano di estrarre i superstiti dalle macerie di calcinacci e ferro. Sono queste le immagini che aprono il nuovo secolo e consegnano l'uomo nell'abbraccio mortale del fondamentalismo islamico. Negli ultimi anni le nostre vite sono state scosse in modo drammatico da tre grandi mali che ci hanno obbligato a fare i conti con la paura: il jihad, che con un filo rosso sangue unisce le cellule di Al Qaeda ai lupi solitari dello Stato islamico, le crisi finanziarie scatenate dalle grandi bolle speculative, che hanno messo in ginocchio famiglie e Paesi come la Grecia e l'Italia stessa, e ora la diffusione incontrollata del coronavirus. Ciclicamente, l'uomo si è chiuso in se stesso e ha poi reagito rialzando la testa. Lo ha fatto dopo la grande recessione, che tra il 2007 e il 2013 ha eroso ricchezze e risparmi. Lo stesso è successo dopo i vili attentati del 2014 che al grido "Allah akbar" hanno seminato la morte in Europa. E lo farà anche quando il timore del contagio da Covid-19 si sarà ridimensionato e la comunità scientifica avrà trovato un vaccino per vincerlo.

La rete del terrore islamista

È la paura a renderci più deboli. Sui mercati finanziari, in modo particolare, ma anche nella vita quotidiana. Ci fa cambiare stile di vita. Ci impone restrizioni che mai avremmo pensato di adottare. E ci fa fare passi falsi. Fortunatamente non riesce a immobilizzarci del tutto. E questo ci porta, presto o tardi, a sconfiggerla. Il primo ventennio del nuovo secolo ne è la prova. Il terrorismo islamico, la crisi economica e ora il coronavirus ci hanno messo a dura prova. Ma non ci hanno fermato. È servito un ventennio all'America per fare i conti con l'attacco alle Torri Gemelle, ma alla fine sembra aver messo la parole "fine" con una pagina dolorosa della sua storia: dopo 19 anni di operazione militare "Enduring Freedom" in Afghanistan, il presidente Donald Trump ha chiuso i conti con i colpevoli del 11 settembre firmando a Doha un accordo di pace con i talebani. A riguardare indietro sembra un passato lontano. Come lo sono la mattanza al Teatro Bataclan, la strage sulla Promenade di Nizza o il camion lanciato sulla folla al mercatino di Natale di Berlino. Eppure la follia omicida dei lupi solitari, che avevano giurato fedeltà allo Stato islamico, ci ha condizionato a lungo.

Foreign fighter di Ritorno

E tuttora, probabilmente, ci condiziona quando scegliamo dove andare in vacanza, dove sederci in metropolitana o in aereo e se rischiare di affrontare luoghi troppo affollati. La morte di Abu Bakr al Baghdadi, così come qualche anno prima quella di Osama bin Laden, ha aiutato a chiudere una stagione di terrore che in Europa è stata un vero e proprio attacco all'Occidente. La sconfitta delle bandiere nere e la riappacificazione della Siria ha fatto il resto. Non che il fondamentalismo sia stato sconfitto. Tutt'altro. Probabilmente tornerà a farci male, quando meno ce lo aspetteremo. È solo la percezione del pericolo che è sparita. Ma solo per un momento.

La crisi finanziaria globale

Anche a livello economico il nuovo secolo, iniziato con la bolla speculativa delle dot-com, ci ha abituato a continui attacchi che hanno minato le nostre ricchezze. Ma è proprio analizzando a distanza di tempo la crisi finanziaria, che nel 2000 colpì il Nasdaq e mise in ginocchio il settore informatico americano, a insegnarci l'importanza di rialzare la testa. In quei giorni le azioni di Amazon passarono da 107 a 7 dollari. Dieci anni dopo avevano superato i 950 dollari per azione. Oggi valgono la bellezza di quasi 1.900 dollari. Eppure resta il fatto che, negli ultimi anni, la finanza ci ha fatto più male che bene. Nel 2006 il contagio è partito, ancora una volta, dall'America dove gli istituti di credito concedevano prestiti ad altissimo rischio finanziario a clienti a fortissimo rischio di insolvenza. Le conseguenze della crisi dei subprime furono devastanti per l'economia globale e ci portarono a quella che fu ribattezzata la "grande recessione" e che molti analisti oggi ritengono essere stata la peggior crisi economica dai tempi della grande depressione. Nel giro di un anno, per colpa di una serie di complicati meccanismi di contagio, gettò tutto il mondo (ad eccezione che in Cina e in India) in una spirale recessiva che finì per colpire ancor più violentemente l'Europa dove degenerò, tra il 2009 e il 2013, nella crisi del debito sovrano. In quegli anni furono bruciati miliardi di capitalizzazione, bruciati posti di lavoro e, quel che è peggio, messi a rischio i risparmi accantonati dai correntisti. Un impatto non indifferente nelle nostre vite dopo che, dal secondo dopo guerra in poi, non abbiamo fatto altro che brindare al boom economico e all'espansione. Eppure, se oggi guardiamo quella tempesta dai principali mercati azionari di Wall Street, non possiamo che constatare che si è trattato di un'era geologica lontana. Alla fine del 20019 Trump poteva tranquillamente vantarsi di aver incassato la miglior performance di tutti i presidenti statunitensi. Negli ultimi tre anni i tre indici S&P 500, Dow Jones e Nasdaq sono, infatti, migliorati del 50%.

L'epidemia da coronavirus

È sempre la globalizzazione a rendere il contagio più immediato e pervicace. Come la rete del terrore islamista portò nel cuore del Vecchio Continente la guerra di religione che stava combattendo in Siria e in Iraq, l'Italia e molti altri Paesi dell'Europa mediterranea finirono in ginocchio per colpa della bolla immobiliare esplosa negli Stati Uniti. Allo stesso modo, per quanto il governo Conte abbia provato a chiudere gli aeroporti ai voli dalla Cina, il Belpaese è finito per essere uno dei Paesi più contagiati dal coronavirus di tutto il mondo. Che l'epidemia dilagasse era inevitabile. Era impossibile fermare un virus in un mondo che è ormai senza frontiere.

Nelle ultime settimane, col dilagare del morbo, si è estesa la paura e con essa si è fatta strada pure l'isteria che, guarda un po', è finita per dilagare anche sui mercati azionari e per farci bruciare altri soldi.

Ancora una volta la nostra reazione è stata da copione: ci siamo messi in quarantena per proteggerci da un nemico infinitamente piccolo che continuerà a spaventarci, a minare la nostra quotidianità e a far danni infinitamente grandi. Almeno finché non avremo imparato a conviverci.

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