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"Una bolla lasciata gonfiare per più di 7 anni. Ora il Partito dovrà salvare la sua reputazione"

Amighini: "La soluzione è una nazionalizzazione che salvi le banche"

"Una bolla lasciata gonfiare per più di 7 anni. Ora il Partito dovrà salvare la sua reputazione"

Alessia Amighini, economista dell'Ispi, docente all'Università del Piemonte Orientale, autrice tra l'altro di «Finanza e potere lungo le nuove vie della Seta», non ha dubbi di fronte alla crisi Evergrande: «Questa è una realtà amara, per noi studiosi della Cina, perché è dal 2009 il real estate è stato protagonista di un evidente aumento incontrollato del credito. L'immobiliare è il settore che ha mantenuto in piedi l'economia cinese da allora fino al 2014». In altri termini, dalla crisi finanziaria globale in poi il calo dell'export è stato compensato dal mercato immobiliare. «E chi girava per la Cina lo vedeva facilmente: trovavi stazioni ferroviarie a 18 binari deserte, decine di grattacieli vuoti, dappertutto».

All'inizio non era una bolla: «Lo Stato - ricorda Amighini - attraverso le banche, finanziava le società di real estate a fronte di una domanda dovuta anche alle politiche di inurbamento». Fino a quando ha tenuto. Poi si è fermata la richiesta, ma non gli investimenti, tutti a credito. E dal 2014 ad oggi «è stato un continuo posticipare il disastro, accumulando crediti inesigibili nelle pance delle banche: erano prestiti bancari a società del settore immobiliare che costruivano infrastrutture e case che però nessuno aveva chiesto».

Oggi siamo arrivati al punto in cui questo castello di carte non sta più in piedi. E i cinesi scoprono così, anche loro, che le crisi finanziarie nascono dall'immobiliare. «E se pensavano di risolvere il problema attraverso il dirigisgmo, oggi scoprono la i meccanismi del mercato vanno avanti da soli, non si possono fermare d'ufficio». Un problema anche sociale, perché in gioco ci sono i risparmi di centinaia di milioni di cinesi. «Un popolo che, negli investimenti, ama incredibilmente l'azzardo, inconsciamente fiducioso che poi qualcuno aggiusterà le cose. Invece ci sono già persone che hanno perso tutto quello che avevano».

Ora in Europa la domanda è se tutto questo resterà dentro alla Grande Muraglia oppure avrà effetti globali come quelli della crisi del 2008. «Fino al 2017-18 - dice Amighini - sembrava una partita chiusa, anche se questo non ne riduce la gravità: se la Cina implodesse da sola difficilmente il mondo non se ne accorgerebbe. Purtroppo però, negli ultimi 3-4 anni, la cosiddetta apertura del sistema finanziario cinese, ha attirato i fondi stranieri. Che hanno subito la fascinazione di un mercato che si apriva per guadagnare molti soldi. E ora ci sono dentro». L'impressione è però che il presidente Xi Jimping, dopo la pandemia, non si possa permettere di contagiare anche la finanza globale. Allora come ne potrà uscire? «Mi aspetto che il governo scarichi gli azionisti delle società, lasciandoli al proprio destino. Ma il problema resta perché il credito bancario è pubblico e i soldi da qualche parte devono trovarli. Quindi credo che risolveranno questa storia facendo quello che avevano detto di non voler più fare già dal 2014: la nazionalizzazione delle società immobiliari, incamerando il valore delle abitazioni per poi magari distribuirle a chi le vuole perché ne ha bisogno. Una sorta di nazionalizzazione buona, dopo aver fatto pagare gli speculatori affermando che non si specula sulla vita delle persone». Così il grande Partito Comunista riuscirebbe a uscirne pulito anche ai nostri occhi occidentali, che limiteremmo i danni.

«Non importa a quale costo ciò potrà avvenire: il partito e la sua reputazione non hanno prezzo».

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