In Brasile, per la prima volta da 12 anni a questa parte, il Partito dei lavoratori rischia di perdere le elezioni presidenziali. Dilma Rousseff, in carica dal 2010 dopo i due mandati di Lula, è ieri finita sotto nel sondaggio Ibope, il più autorevole del Paese: al primo turno del 5 ottobre Dilma prenderebbe il 34% dei voti, contro il 29% di Marina Silva (socialisti) e il 19% di Aécio Neves (socialdemocratici). Ma al secondo turno Marina batterebbe Dilma di ben 9 punti: 45 a 34.
Non era mai successo. Nemmeno nei giorni più duri delle contestazioni di piazza contro la Coppa del Mondo dello scorso anno o in quelle di giugno e luglio. Nemmeno dopo la sconfitta storica per 7 a 1 nella semifinale contro la Germania. E nemmeno fino all'ultimo sondaggio dell'8 agosto, che dava Dilma al 38%, Aécio al 23 ed Eduardo Campos al 9. Poi, però, 5 giorni dopo, il 13 agosto, il Cessna con cui Campos volava per la campagna elettorale è caduto a Santos, nel litorale di San Paolo, senza lasciare superstiti tra i cinque passeggeri e i due piloti. In breve il partito ha deciso che la leader sarebbe diventata Marina, fino a qual giorno candidata alla vicepresidenza. E mai scelta effettuata in seguito a un tragico episodio si rivelò più indovinata. Oggi, a sole due settimane dall'incidente, i sondaggi si sono invertiti e l'ultimo dei candidati è diventato il primo. Ma la storia è ancora più intricata e intrigante.
Marina non è una socialista. È ben più di sinistra. Il suo ticket con Campos era il frutto di un'alleanza stretta tra i socialisti e il partito da lei fondato, Rete Sostenibilità, non ammesso alle elezioni dal tribunale elettorale (che in Brasile è una sorta di quarto potere). Marina è una verde e una ex compagna di Lula, di cui è stata ministro, sempre impegnata nelle politiche per l'ambiente. Campos l'aveva invitata con sé, offrendole la candidatura a vice, nella speranza di pescare consensi nel voto rurale, popolare e verde del Paese. E pure in quello degli evangelici, movimento religioso in grande crescita, accreditato del 20% di forza elettorale, pur in un Paese di 165 milioni di cattolici. Un'idea che, però, sta funzionando solo adesso che il Cessna di Campos si è schiantato e Marina ha preso il suo posto.
Maria Osmarina Marina Silva Vaz de Lima, classe 1958, oggi favorita per guidare la settima economia mondiale, fino a 17 anni era analfabeta. È nata in un villaggio vicino a Rio Branco, capitale dell'Acre, il più sperduto degli stati amazzonici, al confine con Perù e Bolivia. Marina è cresciuta in una palafitta, con i genitori e 10 fratelli di cui solo 7 sopravvissuti, in una zona di «seringueiros», gli estrattori del lattice della gomma, attività svolta nella miseria dai 10 ai 15 anni che le procurò vari problemi di salute: Marina si ammala di epatite, di lesmaniosi e contrae un'intossicazione da mercurio che ancora oggi le crea problemi e allergie. Poi va in città e guadagna i primi soldi facendo la domestica. Entra in un programma di alfabetizzazione e con gli studi successivi arriva alla laurea in Storia a 26 anni, mentre inizia l'attività politica nel partito rivoluzionario comunista e quella sindacale con Chico Mendes, nella battaglia alla deforestazione dell'Amazzonia. Approda infine al Pt di Lula che, diventato presidente nel 2003, la sceglie come ministro per l'Ambiente, confermandola nel 2006. Ma Marina lascia a metà mandato dopo aver perso, all'interno della sua stessa maggioranza, alcune battaglie sulle linee di sviluppo energetico e agricolo del Paese.
Marxista, ex analfabeta, verde, evangelica. Eppure Marina può farcela. Per due motivi. Il primo è l'appoggio che la cosiddetta elite bianca sembra pronto a fornirle pur di liberarsi di Dilma, sempre più osteggiata per le sue posizioni ideologiche.
E Marina potrebbe formare con Aécio un'alleanza per il secondo turno su materie economiche. Il secondo è che la crisi economica, con il Pil quasi fermo e l'inflazione al 6%, sta allontanando dal Pt anche parte del suo elettorato tradizionale. E Dilma è sempre più sola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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