Bucha, il racconto del fotografo. "L'odore dei cadaveri non se ne va"

L'orrore di Bucha documentato e raccontato dal primo fotografo che ha avuto accesso alla città: le sue parole sono potenti quanto le immagini che scatta. "L'odore dei cadaveri ti penetra dentro e non se ne va più"

Bucha, il racconto del fotografo. "L'odore dei cadaveri non se ne va"

L'orrore di Bucha visto con gli occhi di chi fa un mestiere i cui ricordi, belli, meno belli, brutti o orribili che siano, rimangono per sempre nello scatto di un momento, un'istantanea: il fotografo dell'agenzia di stampa americana Associated Press, il 45enne Rodrigo Abd, è stato il primo tra i suoi colleghi ad aver accesso nella città teatro del massacro e le sue foto hanno fatto il giro del mondo mostrando la realtà, nuda e cruda, così come gli si è palesata davanti. Nonostantante faccia questo mestiere da molti anni, e nel 2013 ha ricevuto il premio Pulitzer per le foto scattate in Siria, "così tanti morti tutti insieme, però, non li ho visti mai", ha raccontato al Corriere della Sera, nonostante la sua abitudine a recarsi in luoghi in cui dominano violenza e morte.

"Abbiamo visto un massacro"

Assieme al collega Vadim Ghirda, hanno iniziato ad andare in giro per la cittadina spazzata da uno tsunami di sangue e morte. "Ci avevano avvertiti che Irpin e Bucha erano libere, e siamo andati il prima possibile - ha dichiarato - L’impatto è stato molto duro, abbiamo iniziato a vedere un cadavere dopo l’altro. Un signore ci ha detto di andare a vedere le fosse comuni, e abbiamo capito che ci trovavamo di fronte a un massacro". Abd era già stato in Guatemala e Messico per documentare le esecuzioni che facevano i criminali ma è come se avesse iniziato questo mestiere dall'Ucraina per l'incredulità dei racconti dei civili sopravvissuti e di quello che ha respirato, letteralmente, nell'aria di Bucha. I racconti dei civili sono stati definiti "orripilanti" perchè costretti a vivere sottoterra, in cantine o specie di bunker per sfuggire al nemico russo. "Vogliono tutti parlare, raccontare, parlano con tutti quelli che vedono per strada, qualcuno piange come una fontana, qualcuno non piange nemmeno".

"Quell'odore penetra e non se ne va..."

C'è un passaggio dell'intervista al Corriere che è tra i più significativi: Abd non ha solo documentato, tramite le foto e la sua esperienza personale quello ha visto, ha raccontato come si è sentito a respirare, letteralmente, l'odore dei cadaveri lasciati in mezzo alla strade e dappertutto attorno a lui. "Disgustoso - afferma - quell’odore mi è penetrato nelle narici e non se ne va. Lo descriverei come una cosa che ti penetra e ti resta dentro per molto tempo, che senti a isolati di distanza. E ti inquieta sempre. Cammini tra i morti tutto il giorno. È molto triste. È un odore che ho già sentito in Guatemala, in Salvador, in Messico, in Siria, in Afghanistan. Ma non impari mai a dimenticarlo". Per quanto si possa essere "tecnici" e addetti ai lavori, certe cose non si possono dimenticare cambiando città o girando l'angolo. "Oggi ho visto una vecchia, 74 anni, che aspettava, aspetta tutto il giorno in mezzo ai cadaveri di suo fratello e suo marito. Lei sta lì per ore, in mezzo a quell’odore..."

"Vivo un equilibrio delicato"

Il fotografo di nazionalità argentina spiega che tramite le foto informa, esattamente come i giornalisti scrivono ma lui lo fa per mezzo di immagini che, spesso, valgono più di un testo scritto. Il suo lavoro è per costruire un archivio storico, di guerra, e continuare a perpetrarla anche per il futuro. "Tento di fare questo lavoro con rispetto, è una priorità. Ma" le fotografie, gli scatti, "devono essere potenti e documentare quello che succede. È un equilibrio delicato. Dobbiamo dire le atrocità", sottolinea. La paura di essere perseguitato dai familiari dei deceduti, però, è forte. "Se la figlia del morto vede il giornale, domani, può arrabbiarsi con me?", si domanda. Se la risposta è si, non farà quella foto perché le persone coinvolte nelle vicende "che documento io hanno già vite abbastanza terribili".

Dopo una giornata di lavoro a Bucha la testa è piena di pensieri, orrore, fatica a dormire e prendere sonno, ecco perché il 45enne fotografo tiene una bottiglia di vodka accanto al letto.

Per lui e il suo collega è dura documentare "quello che vediamo, e soprattutto sentire gli odori che sentiamo". La guerra è atroce per tutti, da sempre, ecco perchè alla fine dell'intervista, Rodrigo si sforza di pensare che le guerre "facciano parte del passato, ma non succede mai".

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