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Bufera in Iran su una donna arbitro di scacchi: "Ha diretto una gara senza il velo islamico"

La giovane iraniana ha espresso la sua contrarietà all’obbligo, a carico delle sue connazionali, di sfoggiare l’hijab, in nome delle libertà individuali

Bufera in Iran su una donna arbitro di scacchi: "Ha diretto una gara senza il velo islamico"

Si è abbattuta di recente una vera e propria bufera mediatica su Shohreh Bayat, trentaduenne donna arbitro iraniana di gare di scacchi, colpevole di essere stata fotografata senza velo islamico.

L’ufficiale di gara, designata a capo del personale arbitrale in procinto di dirigere il Campionato mondiale di scacchi del 2020, ha letteralmente destato scalpore nel Paese asiatico, riporta la Bbc, dopo che ha iniziato a circolare sui media un’istantanea che la immortala intenta a disciplinare una sfida internazionale senza indossare appunto il suo hijab tutto intorno alla propria testa, bensì adagiato “solo sulle spalle”.

Dopo la diffusione di quell’immagine, scattata nel corso di una sfida a scacchi celebratasi ultimamente a Shangai, da parte dei network di Teheran, la Bayat, fa sapere l’emittente britannica, si sente ormai insicura all’idea di rientrare in patria al termine dei suoi impegni professionali, in quanto, secondo le leggi iraniane, è previsto anche l’arresto per le donne che non rispettano i dettami islamici in tema di abbigliamento. Apprensione è nutrita da lei anche riguardo ai suoi familiari residenti nella repubblica degli ayatollah.

La trentaduenne, parlando da Vladivostok ai microfoni della Bbc, ha quindi esternato tutta la sua angoscia circa le conseguenze che potrebbe subire una volta rimesso piede nella sua nazione di origine: “È capitato che ho acceso il mio cellulare e sono venuta a sapere che quella mia foto era su tutti i media iraniani. Le tv locali stanno dando grande risonanza al fatto che, durante una gara, non ho indossato l’hijab e stanno insinuando che la mia mancanza rappresenti una forma di protesta contro il velo tradizionale”.

L’arbitro, che si trova in questi giorni nella città russa per sovrintendere a un match valido per il Campionato del mondo, ha poi difeso con convinzione la sua scelta di dirigere una sfida a scacchi internazionale senza esibire la propria testa avvolta interamente nel capo d’abbigliamento incriminato. A tale proposito, la giovane ha riferito alla Bbc che la propria decisione in tema di vestiario, sebbene contrastante con i dettami religiosi, è stata da lei finora adottata in tutte le ultime manifestazione agonistiche a cui ha preso parte come direttore di gara.

La Bayat ha quindi rivelato alla stessa emittente londinese di non condividere affatto l’obbligo, vigente in Iran a carico delle donne, di indossare l’hijab, motivando la sua contrarietà richiamando le proprie convinzioni basate sulla libertà dei singoli di indossare ciò che vogliono.

Lo sfogo della giovane si è concluso con l’amara constatazione, da parte sua, del fatto che oggi si parli di lei soltanto per la vicenda del velo non sfoggiato, piuttosto che per la sua brillante carriera nel mondo dell’arbitraggio mondiale di tornei di scacchi.

A causa dello scandalo montato dai media del Paese asiatico intorno all’immagine che ritrae la trentaduenne senza velo sulla testa, la Federazione iraniana di scacchi ha alla fine esortato l’ufficiale di gara, denuncia la Bbc, a“rimediare al caos” da lei provocato. La Bayat ha allora interpretato la richiesta dell’organismo sportivo, rimarca il network inglese, come un’esortazione a scrivere una lettera di scuse per il proprio comportamento e a schierarsi a difesa dell’obbligo del velo islamico. Di conseguenza, lei ha opposto un netto rifiuto alle sollecitazioni dei dirigenti federali iraniani.

Mentre nel Paese degli ayatollah infuriano le polemiche all’indirizzo dell’arbitro, la trentaduenne è sempre più terrorizzata all’idea di dovere tornare nella nazione di appartenenza, tanto da avere chiesto alla stessa istituzione sportiva che l’aveva sollecitata a scusarsi, precisa la Bbc, di assicurarle che la sua incolumità non sarebbe stata affatto messa a rischio al momento del rientro in patria.

La federazione iraniana non avrebbe però fornito alcuna garanzia di sicurezza alla giovane.

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