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Il calciatore accusato di finanziare la jihad

La vicenda del pullman del Borussia Dortmund fa tornare d'attualità il rapporto tra il calcio e l'estremismo islamico: la storia di Anis Ben Hatir, ex centrocampista del Darmstad, accusato di finanziare l'estremismo islamico

Il calciatore accusato di finanziare la jihad

Un calciatore licenziato perchè vicino ai movimenti islamici. Questa, in sintesi, la storia di Anis Ben Hatir. "Abbiamo analizzato bene la situazione", disse il presidente Rudiger Fritsch alla Bild alla fine di gennaio del 2017. "Ed abbiamo deciso che non era più possibile continuare a collaborare". Il tunisino, infatti, apparteneva ad un gruppo ghanese, rappresentante dell'estemismo islamico, Ansaar International. Un movimento che solo figurativamente si occuperebbe di iniziative relative al mondo della cultura, ma che in realtà sarebbe completamente immerso nel finanziamento di gruppi vicini all'Isis in tutto il medio oriente e nell'Africa centrale.

Il caso dell'attentato terroristico nei confronti del pullman del Borussia Dortmund riporta in auge la questione relativa al rapporto tra il calcio ed il jihadismo. Una delle piste in campo, del resto, è proprio quella islamica. Il caso del calciatore Anis Ben Hatir è emblematico di come la jihad riesca ad attecchire anche in situazioni prive di disagio economico e sociale. I jihadisti solitamente osteggiano il calcio, considerato una distrazione ingiustificabile rispetto ai doveri del fedele integralista. In questo caso, per paradosso, dal calcio sarebbero partiti soldi per i terroristi.

Il giocatore è nato a Berlino nel 1988. Vinse il campionato europeo under 21 con la Germania al fianco di Neuer, Khedira ed Ozil, poi, però, scelse la Tunisia, entrando immediatamente negli elenchi dei convocati della nazionale maggiore. Calciatore cresciuto nell'Amburgo, Ben Hatir, ebbe anche una breve esperienza al Dusiburg. Nel 2011 venne acquistato dall'Hertha Berlino. Poi ad Eintracht e Darmstad, l'ultima società nella quale ha militato in Bundesliga. Proprio la Germania, insomma, teatro suo malgrado della brutta vicenda che ha coinvolto la squadra di Dortmund, aveva, tra i tesserati del suo campionato, un sostenitore dell'estremismo islamico.

"Il Darmstadt condanna l'impegno personale di Ben Hatira a causa dell'organizzazione in cui svolge attività", si lesse in quei giorni nel comunicato della società. L'accusa, sostanzialmente, è consistita nel fatto che il calciatore fosse un vero e proprio finanziatore del gruppo. Ben Hatir si affrettò a negare tutto sui social network: "Ci sono poche persone che possono guardarsi allo specchio con orgoglio, uno di questi sono io".

Dopo la strage di Berlino, del resto, al centro delle indagini dei servizi segreti tedeschi ci fu anche il mondo del calcio. L'attenzione, nello specifico, venne posta sull'enorme quantità di denaro circolante in un settore potenzialmente denso di movimenti finanziari. L' organizzazione cui il calciatore sarebbe stato affiliato, poi, è considerata in Germania strettamente legata agli ambienti salafiti. Un ente di beneficienza forse solo di facciata, l' Ansaar International, da tempo tenuta d'occhio dai servizi segreti. Gli investigatori tedeschi cominciano a parlare con insistenza di terrorismo rispetto al caso di Dortmund. Marc Bartra, il calciatore rimasto ferito nell'attentato, è un ragazzo del 91'. Ben Hatir è dell'88'. Possibile, dunque, che i due si siano incontrati sul campo durante le competizioni giovanili in passato. Quasi certamente durante i primi mesi del campionato tedesco corrente. Sembra una storia da sliding doors, questa che coinvolge la Germania calcistica.

Una vicenda emblematica di come la jihad miri costantemente a colpire, ma anche ad attecchire, all'interno delle dinamiche e dei simboli occidentali.

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