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Cina, governo vara restrizioni ai danni delle influencer

La “stretta moralizzatrice” promossa dalle autorità di Pechino è stata subito bollata da numerose ong straniere a difesa dei diritti umani come “sconcertante” e “sessista”

Cina, governo vara restrizioni ai danni delle influencer

Le autorità cinesi hanno di recente varato una regolamentazione diretta a “moralizzare il web”. L’obiettivo del governo di Pechino di purgare la rete dai “contenuti osceni” passa attraverso l’applicazione di rigide prescrizioni ai danni delle “influencer”.

Le ragazze intente a condurre dirette streaming per pubblicizzare prodotti vengono infatti bollate dal recente regolamento, elaborato dai funzionari del ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’informazione, come le principali responsabili della “degenerazione della rete Internet e della società cinese”. Secondo le direttive ministeriali, le ragazze in questione esibirebbero nel corso dei live-streaming un “abbigliamento discinto” e, di conseguenza, utilizzerebbero i canali social per “traviare l’animo degli internauti”.

Al fine di stroncare tale “diffusione di oscenità” a opera delle influencer, il regolamento impone a queste ultime di indossare, durante le dirette, “abiti morigerati”. In particolare, costoro non potranno condurre i live-streaming vestite con “indumenti provocanti” quali “abiti scollati, gonne corte o lingerie color carne”. Le ragazze che non rispetteranno le restrizioni relative al vestiario andranno incontro a “gravi sanzioni”. Tuttavia, le direttive ministeriali non specificano la punizione da infliggere alle influencer che oseranno presentarsi agli internauti con indosso “abiti sexy”. Il compito di determinare le pene a carico delle ragazze indiziate di “traviare” gli utenti del web spetterà quindi al parlamento nazionale.

La “stretta moralizzatrice” in questione è stata subito bollata da numerose ong straniere a difesa dei diritti umani come “sconcertante” e “sessista”.

Per esempio, l’associazione americana Bill & Melinda Gates Foundation ha affermato che l’iniziativa di Pechino, dietro l’intento di stroncare la diffusione nel web di contenuti spinti, celerebbe in realtà una strategia delle autorità diretta a “reprimere la creatività e la libertà di espressione delle giovani cinesi”.

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