Coronavirus

"Non abbiamo fatto lockdown". Cosa c'è dietro il piano svedese

A quanto pare il modello ideato dall'epidemiologo Andres Tegnell sta funzionando: "La Svezia non sta facendo i conti con la seconda ondata"

"Non abbiamo fatto lockdown". Cosa c'è dietro il piano svedese

C'è un dato sulla Svezia che vale molto più di mille parole: nell'ultima settimana i nuovi casi giornalieri di contagio da coronavirus non hanno mai superato quota mille. Il record, se così vogliamo chiamarlo, risale scorso 15 ottobre, con 970 positività. Per il resto, bisogna tornare al 27 giugno per trovare più di mille casi quotidiani (1.204). I decessi, invece, non superano il tetto dei 5 da luglio: l'ultimo bollettino di sabato 17 ottobre ha infatti registrato zero vittime.

Quelli della Svezia sono numeri incoraggianti, soprattutto se confrontati con gli indicatori registrati nel resto d'Europa. Non solo: è interessante soffermarsi sul famigerato modello adottato dalle autorità svedesi per contenere la diffusione del virus. Mentre la maggior parte degli Stati europei ha attuato (e sta per attuare) severe misure restrittive, con lockdown più o meno pesanti, Stoccolma ha evitato serrate e misure draconiane.

Molti hanno criticato il "modello svedese", in un primo momento considerato un esempio da non seguire. Ma con il passare dei mesi, quando i numeri hanno dato ragione al governo nordico, la situazione si è completamente capovolta. E chi criticava la Svezia ha iniziato a prendere il suo modus operandi come punto di riferimento.

L'ideatore del "modello svedese"

L'autore di questa particolare strategia è Andres Tegnell, epidemiologo direttore dell'Agenzia di sanità pubblica svedese. Tegnell, intervistato dal Corriere della Sera via Skype, ha spiegato che la Svezia non sta facendo i conti con la seconda ondata di coronavirus. E questo starebbe accadendo proprio per il modello adottato da Stoccolma.

"Abbiamo avuto un aumento dei contagi, ma sta già rallentando. Speriamo di poter controllare l’ondata che abbiamo e siamo fiduciosi di potercela fare", ha detto Tegnell, sottolineando che la Svezia, la scorsa primavera, non ha imposto alcun lockdown ai propri cittadini.

In ogni caso l'epidemiologo ha precisato che nel Paese scandinavo c'è stato un "lockdown virtuale", con molti cittadini che si sono chiusi in casa nel momento più nero della pandemia. Tuttavia c'è un'enorme differenza tra la strategia svedese e quella degli altri Stati.

Un lockdown particolare

"Una delle più grandi differenze rispetto agli altri paesi europei – ha aggiunto Tegnell - è che in Svezia non abbiamo fatto il lockdown e non abbiamo riaperto nemmeno dopo il nostro lockdwon virtuale, abbiamo mantenuto le stesse misure per tutto il periodo e questo ha avuto l’effetto di contenere i contagi".

L'epidemiologo svedese ha quindi precisato un fatto rilevante. La Svezia ha istituito un suo tipo di lockdown. Così facendo "abbiamo rallentato la società considerevolmente", ha chiarito Tegnell. "Se fosse stato a Stoccolma in primavera avrebbe trovato strade e aeroporti vuoti, trasporti pubblici senza persone. Gli svedesi hanno diminuito i loro spostamenti", ha aggiunto.

Per quanto riguarda l'effetto delle mascherine, a detta di Tegnell questo non sarebbe "così forte" come molti credono. "In Italia ci sono regole sulle mascherine da molto tempo", ha fatto notare l'epidemiologo, ma "nonostante ciò si vede un aumento dei casi enorme.

Le mascherine non possono risolvere tutto".

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