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Cosa c'è dietro il no della Ue a Sputnik?

Perché la richiesta all'Ema è stata bloccata per un mese e mezzo? Perché l'Ue dice di non aver bisogno del siero russo? Che partita è in gioco?

Cosa c'è dietro il no della Ue a Sputnik?

Fra tre settimane gli esperti dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) si recheranno in Russia. La data è stata fissata: il 10 aprile. È il primo passo per la procedura di autorizzazione dello Sputnik V. Una procedura che arriva piuttosto avanti nel tempo nonostante il vaccino prodotto dal Centro Gameleya sia stato il primo ad essere registrato.

Da allora (era l'agosto dello scorso anno) ha ricevuto il via libera da una cinquantina di Stati e in diciotto viene già somministrato. Non nell'Unione europea, però, dove trova resistenze sia negli uffici dell'Ema sia nelle altre sedi di Bruxelles. Giusto oggi il commissario europeo incaricato della campagna dei vaccini, Thierry Breton, parlando al tiggì della francese TF1, ha definitivamente chiuso le porte allo Sputnik V. "Non ne avremo assolutamente bisogno", ha sentenziato. "Daremo priorità ai vaccini fabbricati sul territorio europeo". Una chiusura che non sembra motivata da basi scientifiche. Secondo un nuovo studio su oltre 20mila volontari pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, l'efficacia del ritrovato russo sarebbe infatti del 91,6%, in linea con gli altri vaccini già approvati dall'Ema.

I ritardi dell'Europa

Non più di una settimana fa il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aveva minacciato il blocco delle dosi prodotte nel Vecchio Continente. Non producendo abbastanza vaccini per soddisfare il fabbisogno degli Stati membri, Bruxelles non si può infatti permettere che ne escano più di quelli che entrano. Ad oggi sono in vigore accordi con quattro società farmaceutiche (Pfizer-BioNTech, AstraZeneca, Moderna e, da pochi giorni, Johnson & Johnson) ma, se si vuole arrivare a coprire il 70% dei cittadini europei entro l'estate, è necessario ampliare (e non poco) il raggio d'azione. Ad oggi l'Ema sta guardando ad altri tre preparati. Uno è Curevac, altro vaccino a Rna messaggero. "Speriamo di poter approvare intorno a giugno", ha spiegato a Che tempo che fa il responsabile della strategia per le minacce alla salute e i vaccini dell'Ema, Marco Cavaleri. Poi c'è Novavax che si basa sull'azione della proteina Spike e sul sistema che ne potenzia la risposta immunitaria. "Probabilmente slitterà a giugno o poco dopo - ha spiegato Cavaleri - c'è qualche problema con la produzione". Il terzo vaccino è il russo Sputnik V. Ha già iniziato la revisione a cicli e all'Ema stanno guardando tutti i dati per essere, dicono, "più veloci per autorizzarlo quando il dossier sarà completato". Il 10 aprile voleranno a Mosca per le prime ispezioni. "Poi - ha concluso Cavaleri - cercheremo di capire per quando avremo tutti i dati che saranno necessari per potere eventualmente approvare questo vaccino".

Lo stop a Sputnik V

Nonostante le difficoltà incontrate negli ultimi mesi, l'Unione europea è ferma nello sbarrare la strada al vaccino di Vladimir Putin. Sebbene Breton abbia assicurato di non aver bisogno del siero russo, è più probabile che dietro alla scelta europea ci sia il timore che un eventuale accordo possa rafforzare economicamente e politicamente il leader del Cremlino. Non è stata, infatti, presa bene la decisione dell'Italia di rompere il fronte europeo e andare per la propria strada decidendo di produrre autonomamente il siero. Come riporta l'agenzia Agi, l'accordo, siglato la scorsa settimana dal fondo sovrano statale russo che detiene il brevetto, il Russian Direct Investment Fund (Rdif), e dall'azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech, "produrrà il vaccino in due stabilimenti, in Lombardia e nel Centro Italia", arrivando a "fornire 10 milioni di dosi tra luglio 2021 e gennaio 2022". Per allora l'Ema già avrà dato l'autorizzazione? Difficile pronosticarlo. Intanto, scrive il Moscow Times, Mosca avrebbe trovato l'intesa con aziende di altri Paesi Ue, come Francia, Spagna e Germania. Secondo i vertici dell'Rdif, dietro ai ritardi di Bruxelles ci sarebbero "pregiudizi politici". Altrimenti non si riuscirebbe a spiegare perché, pur avendo presentato all'Ema la domanda di registrazione il 21 gennaio, la decisione di iniziare la valutazione è arrivata soltanto il 4 marzo. Anche Putin è rimasto ovviamente perplesso dalle dichiarazioni di Breton. "Queste persone rappresentano e difendono gli interessi di chi? - si è chiesto - quelli di alcune aziende farmaceutiche o dei cittadini dei Paesi europei?".

Vladimir Putin

Il precedente di AstraZeneca

Sputnik V non è certo il primo vaccino su cui si scontrano i diversi interessi dell'Unione europea. Anche la sospensione di AstraZeneca ha gettato diverse ombre sul piano vaccinale di Bruxelles. Come ha fatto notare Gian Micalessin sul Giornale, all'indomani del blocco reso inevitabile dal blitz tedesco, che ha obbligato il resto d'Europa a fare altrettanto, sono iniziate le pressioni per sostituire l'azienda inglese a favore del tandem tedesco-americano di Pfizer-BioNTech, assicurando a Berlino un maggior numero di dosi. Nel giro di tre giorni l'Ema ha chiuso la pratica assicurando l'efficacia e la sicurezza del vaccino di Oxford. Capitolo chiuso, ma non troppo.

La partita resta aperta e rischia di giocarsi sulla pelle delle persone.

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