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Il foreign fighter italiano vuole tornare a casa: “Sono pentito”

Quattro anni fa Mohammed Koraichi era partito dall’Italia per unirsi all’Isis assieme alla famiglia. Adesso è imprigionato in un carcere siriano e chiede aiuto: "Portatemi a casa"

Il foreign fighter italiano vuole tornare a casa: “Sono pentito”

Quattro anni fa era partito dall’Italia per unirsi all’Isis, ma adesso il foreign fighter vuole tornare "a casa" in tutti i modi.

Mohammed Koraichi ha solo un piccolo problema con cui fare i conti: è ricercato. Il 34enne in questione è un italiano di origine marocchine. Nel 2015 decise di partire in auto da Lecco per unirsi ai combattenti dello Stato Islamico. In quell’occasione l’uomo portò con sè sua moglie, Alice Brignoli, 42 anni, sulla quale adesso pende un’ordinanza di custodia cautelare per terrorismo internazionale, e i tre figli.

Oggi Koraichi, intervistato da The Post Internazionale (Tpi), chiede aiuto all’Italia: “Ci deve riportare indietro, perché io sono un cittadino italiano. Se troveranno prove contro di me sono ben contento di sedermi in tribunale. Ma non troveranno niente, perché io non ho fatto niente".

Koraichi si difende e afferma di non essere un combattente. Eppure il 34enne è accusato di essere stato il mentore del pugile dell’Isis, Abderrahim Moutharrik, in carcere a Sassari con una condanna a 6 anni. Anche sua sorella, Wafa, è stata condannata per terrorismo internazionale; secondo gli inquirenti faceva parte di una cellula di reclutamento assieme al fratello.

La storia di Koraichi

Al momento Koraichi è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in quel di Hasakah, nel Nord-Est della Siria. Si trova nell’ala dell’ospedale in una cella assieme ad altre 500 persone. In quella prigione ci sono 5 mila detenuti di 33 nazionalità differenti. Sono tutti affiliati dell’Isis; il 90% è stato arrestato durante l’ultimo scontro a Baghouz. Nessuno di loro sa cosa sta accadendo al di fuori della galera e nessuno sa né dell’invasione turca tanto meno della morte del leader Abu Bakr Al-Baghdadi. Guai a farglielo sapere – ha avvisato il capo della struttura, Rubar Hasakhi – perché “cercherebbero di fuggire, e si scatenerebbe il caos”.

Tornando a Koraichi, l’uomo ha riassunto così la sua storia: “Avevo amici italiani, ero ben integrato”. La radicalizzazione è avvenuta assieme alla moglie. I due hanno iniziato a frequentare la moschea di Costamasnaga: “Quando mia moglie ha cominciato a usare il niqab la gente non ci ha accettato, commentava tipo: ‘cosa ci fanno questi qui?”. È per questo motivo che Koraichi ha deciso di andare a vivere nello Stato Islamico, assieme alla sua famiglia, figli compresi: “Ho guidato fino ad Urfa, in Turchia. Non c’è stato alcun problema. Avevo il passaporto Italiano”.

In ogni caso Koraichi ci tiene a sottolineare che, una volta all’interno dello Stato Islamico, non è stato mai coinvolto nella parte militare.

L’uomo ha poi negato anche ogni coinvolgimento nel reclutamento internazionale in Italia.

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