Coronavirus

La Germania frena sul siero tra i 12 e 17 anni. "Stop se non ci sono malattie pregresse"

La Germania si muove con cautela e dice no alla somministrazione del vaccino Pfizer a bambini e adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni senza precedenti malattie

La Germania frena sul siero tra i 12 e 17 anni. "Stop se non ci sono malattie pregresse"

Mentre in Italia sono partiti gli open day per i ragazzi tra i 12 e i 15 anni e molti genitori si chiedono se sia il caso di vaccinare anche i più piccoli, la Germania si muove con cautela e dice no alla somministrazione del vaccino Pfizer a bambini e adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni senza precedenti malattie. Per la Commissione permanente sulle vaccinazioni del Robert Koch Institut di Berlino l'uso di Comirnaty (il nome commerciale del farmaco Pfizer/BioNTech, ndr) «non è attualmente generalmente raccomandato». Non c'è un vero e proprio divieto, però. I giovani di questa fascia d'età che lo desiderano possono vaccinarsi, previa consulenza medica e consenso dei genitori, accettando i rischi che potrebbe comportare la vaccinazione. Per gli esperti tedeschi i dati a disposizione non sono sufficienti a raccomandare l'immunizzazione di tutti i bambini sani: impossibile con le attuali conoscenze sapere se i benefici siano superiori ai rischi in chi, come bambini e adolescenti, ha bassissime probabilità di contrarre il Covid in forma grave. Mentre rimane consigliato immunizzare i più giovani con malattie pregresse.
Una decisione, quella tedesca, accolta con scetticismo nel nostro Paese. «Se non vacciniamo i giovani, che sono il serbatoio del virus, non ne usciamo. C'è il rischio che a settembre si torni ad avere un'altra ondata di Covid. E invece se li vacciniamo è possibile che la cosa sia finita», commenta Mario Clerici, docente di immunologia dell'università degli Studi di Milano. Di posizione «pilatesca ed evitabile» parla Fabrizio Pregliasco. «Non dicono che non vale la pena vaccinare i giovanissimi - spiega il virologo dell'Università Statale di Milano - ma che la casistica non convince ancora rispetto all'incidenza di eventi avversi. In altre parole, vogliono minimizzare i rischi minimi, ritenendo che non ci siano ancora dati sufficienti rispetto agli eventi avversi nei bimbi del vaccino Pfizer».
Continuano intanto gli studi per accertare se esiste una relazione tra i vaccini e i casi di miocardite riscontrati, in particolare in Israele e in Francia. Il Comitato per la sicurezza dell'Ema sta valutando le segnalazioni delle infiammazioni del muscolo cardiaco e della membrana intorno al cuore in un piccolo numero di persone dopo la somministrazione delle dosi e ha chiesto dati aggiuntivi alle aziende che commercializzano i farmaci anti-Covid (oltre cento casi in Europa). Gli accertamenti del Comitato sono partiti ad aprile a seguito di casi di miocardite dopo la vaccinazione con Pfizer in Israele, per lo più casi lievi che si sono risolti in pochi giorni e che riguardavano principalmente maschi con meno di 30 anni, con sintomi che iniziavano per lo più entro alcuni giorni dalla vaccinazione con la seconda dose. Anche gli Stati Uniti stanno indagando su un numero apparentemente più alto del previsto (226) di segnalazioni di infiammazione cardiaca negli adolescenti e nei giovani adulti, dopo la seconda dose di vaccini Pfizer e Moderna. Il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, è però cauto su questi episodi messi in correlazione ai vaccini.

«È vero - spiega - che in Israele c'è stata questa segnalazione, ma i dati sono da validare e da confermare».

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