Dove non arriva la politica ci pensa l'imprenditoria. «Fermiamo tutti insieme la crisi ucraina»: così si legge in una lettera aperta vergata da 16 miliardari intenzionati a non restare con le mani in mano dopo che la crisi ucraina sta portando con sé pesanti riverberi anche in termini economici, tra sanzioni occidentali applicate a Mosca e risposta di Putin con il boicottaggio alimentare.
E così un gruppo di miliardari, capitanati dal fondatore di Virgin group, Richard Branson, hanno preso carta e penna e hanno scritto una missiva indirizzata ai capi di Stato che non stanno facendo poi molto per fermare la crisi. L'obiettivo? Contribuire a trovare una soluzione pacifica al conflitto ucraino, tramite il dialogo e non la contrapposizione, anche nella consapevolezza che le conseguenze di una nuova guerra fredda sarebbero finanziariamente drammatiche.
«Uno dei più grandi momenti della nostra vita è stato lo smantellamento del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Nessuno vuole un ritorno di quei giorni bui», si legge. Per cui in qualità di imprenditori interessati a Russia, Ucraina e Occidente incoraggiano i governi a trovare una soluzione pacifica al conflitto in corso e non regredire nella miseria della guerra fredda. «Questo non è il mondo che avevamo previsto», ed esortano i politici a essere audaci e coraggiosi, in modo che le «nostre nazioni possano porre fine alle sofferenze dolorose causate dalla guerra e ancora una volta collaborare per il bene più grande». Lanciano un appello anche agli altri businessleader in tutto il mondo per aprire un dialogo e creare modi per risolvere i problemi pacificamente. Si tratta di pezzi da novanta della finanza mondiale, oltre a Richard Branson, fondatore di Virgin Group, ci sono Paul Polman, CEO di Unilever; Jeff Skoll, Presidente di eBay; Ratan Tata, Chairman Emeritus di Tata Ltd; Jan Koum, CEO di WhatsApp, Muhammed Yunus, Nobel per la pace nel 2006 oltre ai Ceo di aziende come Foodline, Svyaznoy e Novikov Group.
E a proposito di riverberi economici, a Mosca «sigilli» a quattro ristoranti McDonald, tra cui il più antico in piazza Pushkin, aperto durante l'era sovietica. Secondo fonti moscovite ufficiali la cause sarebbero le massicce violazioni della legislazione sanitaria che, da domani, potrebbero essere applicate anche agli altri 160 punti McDonald nella sola capitale, anche se i motivi sono altri. Intanto persino il settore delle birre, che da gennaio a giugno 2014 ha accusato un calo del 7 per cento nel mercato russo, è colpito dalla crisi in Ucraina, con la danese Carslberg che annuncia un sensibile calo dei profitti per il 2014 se le cose non dovessero migliorare. Mentre, passando al gas, la Shell ha sospeso le perforazioni in Ucraina orientale per «condizioni di mancata sicurezza». L'iniziativa di mister Virgin cela, velatamente, anche la preoccupazione commerciale per quanto sta accadendo dopo l'inasprimento delle sanzioni a Mosca da parte di Washington, che hanno innescato una serie di effetti a catena deleteri per l'economia del vecchio continente, con il nostro Paese particolarmente colpito. Le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani in Russia nonostante la crisi sono aumentate dell'1 per cento solo nel primo quadrimestre di quest'anno, dopo che dodici mesi fa avevano fatto segnare il picco più alto di 706 milioni di euro.
E, ironia della sorte globalizzata, se fino a ieri erano i marxisti a scagliarsi ideologicamente contro la guerra e il capitalismo, oggi è quest'ultimo a diventare paladino della pace, che porta prosperità e benessere. Per tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.