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I militari turchi inviati a Doha: Erdogan si schiera con il Qatar

Erdogan è il primo capo di un Paese sunnita a prendere le distanze dalla rottura col Qatar. Ankara e Doha sono unite nel sostegno alla Fratellanza Musulmana e ad Hamas

I militari turchi inviati a Doha: Erdogan si schiera con il Qatar

Erano in tanti a chiedersi, a poche ore dallo strappo tra i regni del Golfo ed il Qatar, che ruolo avrebbe avuto la Turchia di Recep Erdogan in una delle faccende più intricate e complicate che abbiano mai interessato il medio oriente negli ultimi anni. Il presidente turco aspira già dai tempi della sua prima vittoria elettorale avvenuta nel 2002 ad ergersi come riferimento e guida per tutti i paesi sunniti della regione, la rottura tutta interna al mondo wahabita rischia di porre Ankara spiazzata tra due autentici fuochi e con il proprio governo indeciso se tentare una difficile azione mediatrice oppure, al contrario, se dover propendere per una netta presa di posizione a favore dell’uno o dell’altro contendente.

Le mosse delle ultime ore della Turchia, sembrano in tal senso non lasciare molti spazi a dubbi: il paese anatolico resta al fianco del Qatar ed anzi rilancia alleanze che negli ultimi mesi erano state sottoscritte solo sulla carta, ma rimaste in standby nei fatti. Emblematica in tal senso è la decisione del parlamento di Ankara di approvare in tempi record una legge che dà il via libera allo stanziamento, presso una base militare già esistente nei pressi di Doha, di un contingente di soldati turchi il cui numero oscilla tra le tremila e le cinquemila unità. Sul sito TimeTurk si spiega come proprio a poche ore dalla chiusura delle frontiere tra Arabia Saudita e Qatar i parlamentari, a seguito del via libera dei deputati della maggioranza dell’AKP, hanno prima discusso e poi approvato il provvedimento i cui effetti si avranno già nei prossimi giorni.

Una chiara scelta di campo tanto veloce quanto, a dire il vero, poco sorprendente. Tra Turchia e Qatar i rapporti sono molto solidi: se è vero che l’ambizione di Ankara di guidare il mondo sunnita ha fatto spesso apparire Erdogan come un presidente in buoni rapporti con tutte le potenze della regione, è anche vero però che la repubblica turca ha molti più punti di convergenza con l’emirato guidato dallo Sceicco Al-Thani che con il regno dei Saud. In primo luogo, Turchia e Qatar hanno finanziato una precisa fazione del fondamentalismo che è quella facente capo alla fratellanza musulmana: dalle primavere arabe alla guerra siriana, dalla crisi libica alla questione egiziana, Ankara e Doha hanno sempre mosso in sintonia le proprie pedine puntando all’addestramento ed al rafforzamento di gruppi che si ispirano al movimento dei Fratelli Musulmani, mentre invece l'Arabia Saudita ha sempre guardato alle fazioni jihadiste mosse dall'ideologia wahabita. In poche parole, se fino ad oggi sono sembrate sottili e blande le divisioni all’interno della galassia fondamentalista, adesso invece le tensioni tra i Saud e gli Al-Thani mostrano ancora di più come in realtà esistono diverse correnti militari e di pensiero e in tal senso Turchia e Qatar sono sullo stesso piano nell’appoggio fornito alla fratellanza.

Ma i punti di convergenza tra i due paesi non si esauriscono qui: come documentato dallo stesso ministero dell'Energia di Ankara, il paese anatolico importa dall’emirato il 68% del proprio fabbisogno di gas e petrolio e, dal canto suo, la Turchia si mostra anche terreno fertile per molti investimenti fatti dal fondo governativo qatariota. Da un punto di vista quindi economico, l’interdipendenza e gli scambi commerciali tra queste due realtà mediorientali appaiono molto importanti e vitali soprattutto per l’economia turca che in questi anni di tensioni politiche non ha lo smalto del decennio trascorso. Lo stesso Erdogan, nel corso di una visita compiuta a Doha nel mese di febbraio, ha sottolineato l’importanza dei trenta accordi economici sottoscritti sia tra i due governi che tra aziende dei rispettivi paesi negli ultimi tre anni.

Vi è infine un altro elemento da considerare: mentre le frontiere tra Arabia Saudita e Qatar venivano sigillate dai soldati di Riyadh e durante una delle giornate più tragiche vissute da Teheran, con la capitale iraniana che ha provato l’orrore e la paura di due distinti attacchi terroristici, ad Ankara iniziava il vertice tra il presidente Erdogan ed il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Zarif. Al centro dei colloqui proprio la crisi scoppiata all’interno della penisola arabica. Questo incontro introduce un altro punto di convergenza tra Turchia e Qatar, ossia quello di essere gli unici due paesi sunniti della regione ad avere una linea più morbida con l’Iran. Ankara già da diversi mesi, sulla scia dei ritrovati ottimi rapporti con Mosca e sullo sfondo della crisi siriana, intrattiene importanti rapporti con Teheran e questo è dimostrato anche dai documenti finali dei recenti vertici di Astana tenuti tra Russia, Turchia e per l’appunto l’Iran. Dal canto suo, Doha invece non ha mai accettato la linea saudita che verte soprattutto su un inasprimento dei rapporti contro la Repubblica Islamica. Il fatto che Turchia e Iran parlino proprio oggi della situazione venutasi a creare nella penisola arabica, mentre il parlamento approvava l’invio di soldati turchi in Qatar, è indicativa sulle volontà di Ankara di non scaricare il piccolo emirato.

La norma votata dai deputati turchi darà a breve attuazione a un accordo siglato tra Erdogan ed Al-Thani nell'aprile del 2016 che, a sua volta, era frutto di un altro trattato bilaterale in cui Turchia e Qatar si impegnavano nel rafforzamento della propria partnership tanto militare quanto politica. Ankara avrà, quindi, presto una base tutta sua nei pressi do Doha e non lontano dalle coste del Golfo Persico.

Una scelta di campo precisa in questo duello inaspettato tutto interno al mondo wahabita che, di certo, non mancherà di avere conseguenze sui diversi fronti caldi del Medio Oriente.

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