«Islamici, marchiateci tutti» La rivolta del mondo cristiano

La "N" con cui l'Isis segna spregiativamente le case degli "infedeli nazareni" diventa simbolo di orgoglio

«Islamici, marchiateci tutti» La rivolta del mondo cristiano

Il marchio dell'infamia scuote i cristiani. Che ne fanno simbolo di riscatto nel mondo in cui si muore di cristianesimo.

Il segnale lo ha dato l'arcivescovo di Ferrara, monsignor Luigi Negri. «Per non dire solo preghiere - ha spiegato - e per chiedere perdono a Dio per la nostra ingenuità a dir poco patologica: il dialogo non può essere perseguito ad ogni costo e non può rappresentare una forma di dimissione della presenza cristiana nel Medio Oriente». Detto fatto: ieri pomeriggio dalle finestre dell'arcivescovado il presule ha srotolato uno striscione. Una gigantesca «N». È l'iniziale della parola Nassarah , con cui il Corano traduce il termine «Nazareno», spesso per indicare i seguaci di Gesù di Nazareth.

I miliziani di Abu Bakr Al Baghdadi, l'uomo che sogna di ricreare il Califfato islamico e governarlo con la sharia e che per integralismo e brutalità ha già scalzato Al Qaida nella hit parade del terrore, la usano per segnalare spregiativamente le abitazioni dei cristiani iracheni. Per loro non c'è posto nel nuovo Stato islamico. A meno che non accettino di convertirsi e soggiacere a una speciale tassazione, subendo la confisca dei beni e la devastazione dei luoghi di culto. Chi non ci sta, viene giustiziato. Per monsignor Negri «il marchio della vergogna, ma la vergogna di chi lo usa come elemento di discriminazione, per i cristiani è segno di martirio, cioè di vittoria». E come lui il popolo dei social forum: su Fb crescono le schiere di chi antepone al nome la «N». Un gesto simbolico, per dire che i cristiani ci sono. E che non si vergognano di gridarlo ai quattro venti, senza timore d'apparire démodé o poco trendy.

Una reazione che squarcia il velo dell'ipocrisia: quella lettera «N», e le persecuzioni che la seguono, richiamano alla memoria il tempo dei nazisti e delle stelle di David appiccicate alle vetrine dei negozi ebrei. Di fronte alla nuova Shoah (per il momento in sedicesimo) che si consuma in Iraq, minacciando di estendersi alla Siria, nessuno si nasconde più: i raid aerei, gli aiuti umanitari, i rifornimenti d'armi ai peshmerga curdi non bastano. Lo dice adesso anche la Chiesa. «Per ripulire la piana di Ninive dai miliziani jihadisti e fermare il genocidio è necessario l'intervento armato di Usa, Ue e Lega Araba», ha tuonato il patriarca caldeo Louis Sako. E se i presidenti delle Conferenze episcopali europee hanno invitato le Nazioni Unite «a porre fine agli atroci atti contro i cristiani», i vescovi francesi hanno sdoganato l'uso della forza, auspicando esplicitamente il ricorso ad essa «con pertinenza, giustezza e proporzione». Dagli States il segretario di Stato John Kerry ha risposto tirando il freno: «Eseguiremo una valutazione rapida e critica». Ma il dado militare sembra tratto, dopo che anche il premier britannico David Cameron ha offerto la disponibilità dell'Inghilterra «ad avere un ruolo nel piano internazionale di soccorso».

Intanto, mentre il resto d'Europa si limita a discutere, augurandosi - per dirla col ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini - che si raggiunga «una decisione su un'azione comune forte e coordinata», nel Belpaese la Cei suona la sveglia. E indice per oggi una giornata di preghiera, quasi una sfida all'Italia intontita dal solleone.

Si pregherà, ammonisce il parlamentino dei presuli, perchè «l'Occidente non può illudersi di poter ignorare una tragedia umanitaria che distrugge i valori che l'hanno forgiato e nella quale i cristiani pagano il pregiudizio che li confonde in modo indiscriminato con un preciso modello di sviluppo».

Ferragosto. Per una volta, il giorno dell'orgoglio cristiano.

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