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Istanbul, ora il killer del Reina chiede la pena di morte

Il jihadista di origine uzbeka è pronto a morire per la strage compiuta nel Reina di Istanbul la notte di Capodanno

A sinistra, Masharipov dopo l'arresto. A destra: il secondo uomo arrestato
A sinistra, Masharipov dopo l'arresto. A destra: il secondo uomo arrestato

"Condannatemi a morte". Lo avrebbe detto al giudice Abdulkadir Masharipov, il jihadista di origine uzbeka che la notte di Capodanno ha ucciso 39 persone nella discoteca Reina di Istanbul.

La notizia è stata riportata dai quotidiani locali, come Daily Sabah, secondo cui Masharipov avrebbe ammesso l’affiliazione all’Isis, pur negando di aver partecipato ad altri attacchi prima dell’attentato al Reina.

"Sono stato in contatto con Abu Jihad, che si trova a Raqqa", avrebbe detto al giudice che lo ascoltava in merito alla strage, "Eravamo d’accordo a voler attaccare i cristiani che festeggiano a piazza Taksim, ma il piano è saltato a causa delle misure di sicurezza nella zona". Quindi il cambio di programma: "Con Abu Jihad abbiamo concordato che l’attacco sarebbe avvenuto al Reina dopo che ho effettuato un sopralluogo", ha spiegato, "Non lo ho mai visto in faccia, ma siamo stati in contatto costante". Masharipov ha poi detto di non essere pentito e che quella notte voleva suicidarsi per "non essere catturato", ma di non essere morto anche perché aveva finito i proiettili. Dopo l'attacco, l'uomo è rimasto a Istanbul fino al 6 gennaio, quando è stato catturato.

Poco prima della strage aveva registrato un video in cui esprime il desiderio che il figlio di 4 anni diventi anche lui un terrorista.

Il figlio sarebbe stato in fuga con il padre per poi essere "affidato" ad altri jihadisti, un passaggio rispetto a cui gli inquirenti vogliono vederci chiaro, anche in relazione al ruolo di Zarina Nurullayeva, moglie di Masharipov e madre del bambino.

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