Coronavirus

Gli italiani nel Regno Unito: «Meno gente in strada ma tanta confusione»

Tra misure restrittive in ritardo e confusione sul rispetto delle norme, gli italiani oltremanica fanno il punto nelle diverse città

Gli italiani nel Regno Unito: «Meno gente in strada ma tanta confusione»

E’ un Regno Unito dai due volti quello che si mostra al mondo nella lotta alla pandemia da coronavirus. Da una parte provvedimenti più restrittivi e netti che forse cominciano a funzionare, dall’altra un approccio soft e una generale confusione nel rispetto delle norme tra la popolazione. Chi ha un osservatorio privilegiato per analizzare il clima che si sta vivendo in Gran Bretagna sono gli italiani che vivono nel Paese.

A Londra

A partire da Londra, dove Valeria Mazzilli lavora come architetto. E’ lei a mostrarci una capitale inglese più ordinata rispetto a quella delle scorse settimane ma comunque molto affollata rispetto alle grandi città italiane e ad alcune europee. Nelle immagini che ci invia si vedono migliaia di persone in strada, nei parchi e fuori i supermercati, molti dei quali senza dispositivi di protezione. Meno persone delle scorse settimane, ma comunque troppe. «E’ difficile - confessa Valeria - capire se le persone stiano rispettando le regole, perché alcune non sono troppo specifiche. Basti pensare alle uscite nei parchi: non si può dire quante volte sia uscita una persona e per quanto tempo. Inoltre non sembra esserci troppa pressione né restrizione, quindi la situazione è vissuta in modo abbastanza leggero rispetto a Paesi come l’Italia».

A Reading

Sembra invece andare meglio nelle città inglesi di medie dimensioni, come Reading, città di 232mila abitanti nella contea inglese del Berkshire dove vive il ricercatore in meteorologia Carlo Cafaro. Mentre fa il suo percorso quotidiano verso l’Università, Carlo immortala diverse persone che fanno jogging nei parchi, ma senza assembramenti. «Complici le bellissime giornate di questi giorni - spiega lui - i parchi sono pieni di persone che passeggiano da soli o coi cani, corrono e fanno esercizi, però qui la situazione sembra essere più tranquilla rispetto ad altre città inglesi: le persone rispettano le distanze e non ci sono assembramenti. Non so se queste misure siano sufficienti, sicuramente il distanziamento sociale è il minimo necessario per evitare la diffusione del virus».

A Edimburgo

A confermare l’approccio graduale e forse all’inizio imprudente del Paese nel contenere la diffusione del covid-19 è Stefano Peccerillo, docente a Edimburgo, in Scozia. Come confermato da molti italiani nel Regno Unito, qui all’inizio è stato usato un metodo molto soft: le autorità consigliavano di uscire poco e di ridurre i contatti, ma nulla di più. Poi però il virus è arrivato anche oltremanica. Così anche la Scozia ha attivato misure restrittive per contenere la diffusione del contagio: «L’epidemia è stata presa abbastanza seriamente, anche se le misure sono arrivate in ritardo, come d’altronde in tutto il Regno Unito. I primi provvedimenti sono stati adottati soltanto 3 settimane fa. Il governo ha invitato a stare a casa con una campagna di comunicazione attraverso lettere spedite a casa ed sms sul cellulare». «Oggi la città - spiega Stefano percorrendo la Royal Mile, la via principale di Edimburgo, solitamente invasa dai turisti e ora svuotata - è abbastanza deserta, mentre ci sono piccoli assembramenti nelle aree dei supermercati, anche se non ci sono controlli serratissimi né frequenti e ci si è limitati soltanto a un forte invito».

Solo le prossime settimane ci diranno se il Regno Unito avrà sbagliato le proprie scelte o le avrà fatte soltanto in ritardo, intanto gli italiani emigrati guardano al Paese d’origine per capire come potrebbe evolvere la situazione nei rispettivi Stati di residenza.

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