Con il "caso" Johnny Depp fallisce il Me Too

Mettere alla gogna una persona per il solo fatto di aver ricevuto delle accuse ancor prima che vi sia stato un processo come avvenuto nel caso di Johnny Depp, contraddice ogni principio di garantismo in nome di una mentalità ideologia che concepisce l’uomo colpevole a priori

Con il "caso" Johnny Depp fallisce il Me Too

Il processo più discusso e mediatico dell’anno tra Johnny Depp e Amber Heard si è concluso con la condanna all’attrice statunitense a risarcire con 15 milioni di dollari l’ex marito per averlo diffamato. Sebbene anche Johnny Depp debba pagare un compenso di 2 milioni, la sentenza rappresenta un’indubbia vittoria per l’attore divenuto celebre per la sua recitazione nel film “I pirati dei Caraibi”.

Si è trattato di una lunga vicenda mediatica e giudiziaria che ha messo sulla pubblica piazza la vita personale dell’ex coppia spogliando entrambi della loro privacy ma che sancisce un principio molto importante. Il valore dell’esito del processo non è tanto da un punto di vista mediatico quanto per ciò che si afferma: le accuse false e diffamatorie non hanno sesso e la verità processuale non deve e non può tenere conto di pregiudizi ideologici o della narrazione per cui un uomo accusato di violenze deve per forza essere colpevole.

Johnny Depp non è uno stinco di santo e, anche alla luce di quanto emerso dal processo, è tutt’altro che un modello, così come non può essere un modello la società hollywoodiana basata su eccessi, dissolutezza, uso smodato di alcol e sostanze stupefacenti. Eppure la sentenza della corte di Fairfax in Virginia difende un principio purtroppo passato in sordina negli ultimi anni: l’opinione pubblica dovrebbe smettere di mettere alla gogna una persona in base ad accuse non provate.

I casi di personaggi pubblici la cui reputazione è stata distrutta per essere stati tacciati di reati poi rivelatesi infondati sono numerosi, nell’epoca del Me Too è sufficiente un’accusa particolarmente odiosa come quella di violenza per distruggere la vita privata e professionale di una persona. Se poi tali accuse sono rivolte nei confronti di una personalità nota, viene gettata in pasto all’opinione pubblica con una gogna mediatica inversamente proporzionale alla visibilità che anni dopo otterrà per un'assoluzione in un eventuale processo. Ciò non significa che non vi siano casi di violenze o molestie, fenomeni purtroppo ancora troppo diffusi nella nostra società su cui è necessario tenere alta l’attenzione e condannare senza esitazione quando avvengono.

Il caso di Johnny Depp contraddice però ogni principio di garantismo e testimonia una mentalità sintetizzata dal commento di Amber Heard dopo la sentenza che portato avanti la stessa narrazione affermando che stiamo assistendo al "ritorno all'epoca in cui una donna che avesse osato parlare contro la violenza domestica veniva pubblicamente umiliata".

Di tutt'altro tenore il commento di Johnny Depp: “Spero che la mia ricerca della verità sia stata d'aiuto ad altri, uomini o donne, che

si sono trovati nella mia situazione, e che coloro che li sostengono non si arrendano mai. Spero anche che ora si torni a parlare di innocenza fino a prova contraria, sia nei tribunali che nei media”. Sarà la volta buona?

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