È un avvenimento storico e una presa di posizione importante quella della Corte Penale dell'Aja di giudicare, per la prima volta nella storia, anche dei reati contro l'arte millenaria ed il patrimonio mondiale. Una scelta che oggi come non mai, a seguito delle distruzioni dei siti archeologici da parte dello Stato Islamico, simboleggia il desiderio tangibile di condannare e non lasciare impunite le scorribande medievaliste del fanatismo.
Alla sbarra, di fronte alla Corte dell'Aja, è finito infatti Ahmad Al Faqi Al Mahdi, un estremista islamico appartenente al gruppo Ansar Dine, legato ad Al Qaeda, accusato di aver distrutto i mausolei di Timbuktu nel 2012.
L'uomo, che venne arrestato in Nigeria, è imputato di essere stato uno dei membri del Tribunale islamico di Timbuktu e di essere colui che ha ordinato la distruzione di nove mausolei e di una moschea nella città africana. Oggetti di culto da parte della popolazione e invece considerati simboli blasfemi dagli uomini dal volto coperto.
Bandiere nere, canti di giubilo e colpi di martello che abbattevano le mura secolari degli edifici della città dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'Umanità. Le immagini dei giorni in cui gli islamisti violentarono quella che fu una delle capitali del mondo islamico e della cultura musulmana, tra il XIII e XVII secolo, sono divenute dei paradigmi della cecità e della barbarie culturale.
Oggi,
parte della ricostruzione delle opere è avvenuta e la giustizia sta facendo il suo corso. E occorrerà attendere le prossime sedute della Corte per conoscere la sentenza definitiva nei confronti del carnefice della storia- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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