Il latitante è sempre più solo: "Se mi consegnano muoio"

Il latitante è sempre più solo: "Se mi consegnano muoio"

San Paolo «Sono due anni che non riesco a pagare la mia assicurazione medica privata che era arrivata a 1.300 reais al mese (quasi 500 euro, ndr) e, con quello che guadagno dai diritti dei miei libri ora mi curo solo tramite il Sus, il sistema sanitario pubblico brasiliano». Questo stralcio inedito del mio colloquio con Cesare Battisti - avvenuto lo scorso 9 ottobre - è importante perché fa capire il momento di difficoltà anche economica dell'ex terrorista oggi scrittore. Un Battisti abbandonato non solo dal presidente del Brasile che sinora l'ha protetto, visto che oggi Michel Temer sembra pensarla in modo differente rispetto a Lula che nel 2010 gli concesse per decreto lo status di immigrato regolare con tanto di visto permanente. Lo standard di vita di Battisti non è dunque più quello del passato, quando ad aiutarlo erano stati molti Vip, a cominciare dalla schiera dei migliori avvocati di Brasilia, da Luís Roberto Barroso, oggi giudice della Corte Suprema verde-oro, a Luiz Eduardo Greenhalg, già vicesindaco di San Paolo e tra i fondatori del Partito dei Lavoratori di Lula.

Il Giornale ha sentito ieri il numero 2 del pool originario di legali che dal 2007 al 2011 difesero Battisti e il disaccordo con le sue ultime iniziative, buon ultimo il «turismo» boliviano accompagnato da due «avvocati-pescatori» fatti passare da amici, è evidente. Ma, soprattutto, è tranchant la spiegazione della rottura: «Per un uomo di lotta e dalla statura di un idealista vero è importante prima o poi ricongiungersi con la sua patria. Il problema è che a Battisti manca il lignaggio anche per fare l'oppositore. Dovrebbe dare più importanza alla sua storia ma non ci riesce, gli argomenti che usa sono meschini ed il suo modo d'agire debole. Per questo abbiamo smesso di difenderlo».

Una posizione, sempre da sinistra, simile a quella dei compagni che presero parte alla lotta armata e che si ritrovarono poi a Parigi grazie alla dottrina Mitterand. Il Giornale ha parlato con uno di loro che, pur condannando l'accanimento contro Battisti della destra, dopo avere letto lo scoop da noi pubblicato l'altro ieri ha tratto le seguenti conclusioni: «Nel tuo pezzo ci sono tratti molto realistici. Quella dissociazione dall'Italia c'era già in Francia. Lui guardava noi che leggevamo i quotidiani italiani e seguivamo con molta attenzione tutti i cambiamenti, le vicende del giustizialismo di Mani Pulite, come degli uomini delle grotte rimasti agli anni '70. Battisti si poneva come uno che era andato oltre. Poi a rovinarlo definitivamente sono stati i polars francesi (autori di gialli, ndr) a cui Battisti si è affidato ciecamente».

Se Cesare è dunque sempre più isolato anche da vecchi «compagni di viaggio», grazie a Il Giornale ora tutti sanno dove ha obbligo di residenza il latitante più ricercato d'Italia. E allora, dopo la tv Tribuna di O Globo, ieri è stata la volta dell'Estado de Sao Paulo a fargli un'intervista e chissà quanti altri media nei prossimi giorni daranno voce a Battisti per ribadire quanto ripete ormai da una vita. Ovvero che se torna in Italia è «un uomo morto», che per questa ragione non ci tornerà, che il decreto Lula che gli ha concesso lo status di immigrato con tanto di visto permanente in Brasile è irrevocabile, ecc.

Intanto dall'Italia il nostro ministro della Giustizia Andrea Orlando ribadisce che Roma ha «fatto tutti i passi necessari per l'estradizione». La speranza di Battisti è che non siano sufficienti per far cambiare idea a chi guida oggi il Brasile sul suo conto ma l'isolamento dell'ex terrorista appare sempre più forte, su entrambe le sponde dell'Oceano.

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