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Ecco chi c'è dietro i video dell'Isis

L'Fbi sospetta che il regista mediatico sia l'americano Ahmad Abousamra: ha competenze informatiche e ha lavorato in società di telecomunicazioni

Ecco chi c'è dietro i video dell'Isis

Sarebbe Ahmad Abousamra, un laureato americano di Boston, uno dei principali registi della campagna mediatica dell'Isis. Secondo quanto riportato dal canale statunitense Abc, i servizi di sicurezza starebbero concentrando le attenzioni su di lui. L'Fbi, infatti, riferisce che ha una "laurea nell'ambito della tecnologia informatica ed è stato precedentemente impiegato presso una società di telecomunicazioni", cosa che lo renderebbe idoneo a dirigere le campagne virali terroristiche.

In fuga da anni, Abousamra ha la doppia cittadinanza, sia americana che siriana, pur essendo nato in Francia nel 1981. Cresciuto a Boston, è figlio di un famoso endocrinologo del Massachussets General Hospital. La sua vita, apparentemente tranquilla, è cambiata nel 2004. In quell'anno, infatti, Abousamra ha viaggiato ripetutamente in Medio Oriente (Pakistan, Yemen e Iraq) per combattere e uccidere gli americani in Iraq, secondo quanto riferito dai procuratori. Al rientro negli Stati Uniti è stato più volte interrogato, ma non è stato mai fermato. Nel 2006 avrebbe dovuto essere arrestato dall'Fbi, ma ha lasciato il Paese per recarsi in Siria, dove avrebbe appoggi familiari. Accusato di reati connessi al terrorismo nel 2009, nel 2012 il governo americano l'ha inserito nella lista dei più ricercati. La sua taglia ammonta a 50mila dollari per qualunque informazione che possa portare alla sua cattura. "

538em;">Continuiamo a cercarlo in tutto il mondo e lo perseguiteremo fino a quando non lo troveremo", riferisce Kieran Ramsey, un funzionario del governo.

"L'Isis sa molto bene che, per un atto di terrorismo, e per essere efficace, ha bisogno di terrorizzare la gente", ha dichiarato Peter Neumann, direttore del Centro Internazionale per lo Studio della radicalizzazione (ICSR). "L'atto di comunicazione che segue l'atto di violenza - continua Neumann - è quasi importante quanto l'atto di violenza in sé".

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