Quando Mario Draghi lanciò il quantitative easing si mise a iniettare sul mercato 60 miliardi di euro al mese. E, quando si accorse che ancora non bastava, decise di alzare la cifra a 80 miliardi. Grazie a questo intervento, che fu presto ribattezzato “bazooka”, le economie dell’Unione europea riuscirono presto a rialzare la testa da una crisi economica, quella del debito sovrano esplosa dopo la bolla dei subprime negli Stati Uniti, che stava mordendo l’intero sistema con violenza. Oggi la linea della Bce è drammaticamente cambiata. E con Christine Lagarde alla guida sembra più allinearsi alla totale inadeguatezza che gli organi europei ci hanno abituati in tutti questi anni.
Per molti analisti quella della Lagarde di ieri è stata semplicemente una gaffe. Resta il fatto che alla prima prova, da quando ha preso in mano lo scettro della Banca centrale europea, ha fallito. Tanto che in molti ora ne stanno chiedendo le dimissioni. Nella conferenza stampa successiva al direttivo, la governatrice se ne è uscita con una dichiarazione che, anziché rassicurare i mercati già nella bufera, non ha fatto altro che diffondere il panico generalizzato. “Non siamo qui per ridurre gli spread”, ha detto lanciando i listini nel baratro dei segni negati a doppia cifra. A fine giornata le perdite sono state a dir poco drammatiche: le Borse del Vecchio Continente hanno bruciato quasi 700 miliardi di capitalizzazione dopo che lunedì scorso ne avevano già mandati in fumo quasi 400 e con Piazza Affari che è arrivata a perdere quasi il 17% nella sua peggiore seduta della storia. Se l’impegno preso da Draghi era stato “fare qualunque cosa” (“whatever it takes”) per sostenere il sistema, la Lagarde sembra di tutt’altro avviso. Con una freddezza che lascia esterrefatti ha, infatti, sancito: “Non intendo passare alla storia per un whatever it takes due…”. Va detto che nel piano della Bce resta comunque l’impegno ad acquistare il debito pubblico italiano. Venti miliardi, stando a quanto confermato da Lorenzo Bini Smaghi alla Stampa: un segnale debole ma inquietante perché significa non solo che l’Unione europea interviene con le briciole, ma anche che il nostro debito si sposta a Francoforte.
La presa di posizione della Lagarde non può che far male ad una Unione europea che a livello politico si sta contraddistinguendo per la solita inadeguatezza. In una intervista televisiva successiva la governatrice della Bce ha ribadito che devono essere gli Stati europei a prendere “decisioni forti” agendo “in modo coordinato”. L’invito non è stato lanciato a caso, visto che lunedì prossimo si riunirà l’Eurogruppo. Ma cosa possiamo realmente aspettarci da quel vertice? Poco o nulla. Anzi, l’unica certezza arrivata dall’Europa è che in quel summit si parlerà della riforma del Fondo salva Stati che viene considerata una mannaia nei confronti degli Stati europei con una finanza più debole e con un debito elevato. Un segnale, l’ennesimo, di come anche in questo caso non solo si veda l’eurocrazia del tutto avulsa dal contesto di emergenza che vive la popolazione, ma anche cieca di fornte alle esigenze degli Stati membri. Ancora ieri l’egoismo europeo ha dato esempio di tutta la sua violenza. Quando, durante la teleconferenza dei ministri della Sanità dei 27, l’Italia ha chiesto la fornitura di ventilatori polmonari, nessuno ha risposto. Un caso? Macché.
Il 28 febbraio scorso la Commissione Ue aveva annunciato la richiesta dell’Italia di attivare il Meccanismo di protezione civile dell’Ue per avere altre mascherine. Anche allora nessuno degli altri Stati membri si era fatto avanti. Questa è l’Unione europea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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