I palestinesi sono di ottimo umore in questi giorni: al supermarket della storia hanno comprato alcuni grossi successi in cambio di niente. E «niente» non è una merce che a un tavolo delle trattative possa essere scambiata. Se chiedi 4 miliardi di dollari per riparare i guai che tu hai combinato, senza nemmeno offrire una garanzia di gestione, e invece una cinquantina di Stati al Cairo si affrettano a mettertene in mano 5 e mezzo per la ricostruzione di Gaza, perché mai dovresti cercare di trattare la pace? Puoi avere tutto senza dare niente.
Inoltre, sono giorni davvero dorati: un Paese come l'Inghilterra (preceduto pochi giorni fa dalla Svezia) ha votato in parlamento il riconoscimento di uno Stato palestinese i cui confini e i cui doveri non sono mai stati definiti, uno Stato non democratico che predica la violenza. Dunque perché mai i Palestinesi dovrebbero trattare confini che l'Inghilterra stabilisce per loro ai confini del 67, perché dovrebbero rinunciare alla violenza e ad Hamas, un'organizzazione terrorista che dichiara senza problemi che distruggerà lo Stato d'Israele? Sono 138 gli Stati che riconoscono la Palestina, ma Svezia e Inghilterra sono le prime in Europa.
Una cosa è certa: è più facile che ne esca una guerra che una pace; di nuovo l'America, e a ruota l'Europa, sbagliano strada, proprio come quando Obama ha ritirato i suoi uomini dall'Iraq: da un gesto pacifista, è uscita fuori l'Isis. Ovviamente, nessuno vuole ammettere che questi miliardi saranno alla fine gestiti dal reale padrone della Striscia, Hamas, l'organizzazione terrorista che ha causato il disastro di Gaza e che, nonostante le distruzioni e i morti, ne tiene le chiavi. Il mondo, e anche noi, desidera la salvaguardia della popolazione, ma non di Hamas: invece, Abu Mazen e Fatah, il guardiano del tesoro che controllerà il passaggio del denaro e dei materiali da costruzione, sono parte di un governo di coalizione con Hamas, travestito da esecutivo tecnico. Intanto, comunque, dei 5 miliardi, 1,5 è dono del Qatar, e questo sarà certo depositato nelle mani di Hamas, finanziata e ospitata da quel Paese, che potrà comprare altri missili e costruirà nuove gallerie.
Nel 2012, dopo l'operazione israeliana «Pilastri di Difesa», Gaza ricevette 5 miliardi e 400mila dollari: la quantità di infrastrutture belliche e soprattutto l'infinita rete di gallerie per introdurre terroristi costruiti con quel denaro disegnano il futuro. I soldi che verranno donati, compresi i venti milioni dell'Italia, forse saranno gestite dal Pegase, il meccanismo ad hoc per i Palestinesi: l'agosto scorso ha versato 31 milioni e seicentomila euro, di cui 23 sono andati a Gaza. L'Unrwa, l'organizzazione Onu per i profughi palestinesi, è uno dei grossi destinatari del denaro: nonostante gli scopi educativi, l'Unrwa è un sistema gigantesco di reclutamento e militanza, i suoi lavoratori appartengono a Hamas e a Fatah, i suoi sistemi educativi sono antisraeliani, le sue strutture, rifugi segreti. L'erogazione regolare di enormi somme è stata giudicata da una commissione dell'Unione Europea stessa «corrotta» e «approssimativa».
I milioni versati per gli impiegati di Fatah sono andati incontrollabilmente anche a uomini di Hamas. Molto denaro è usato per versare stipendi mensili di 3000 o 4000 euro a terroristi nelle carceri palestinesi. In più, le Ong che l'Europa finanzia spesso sono basi di incitamento, e invece di aiutare donne e bambini ne fomentano l'odio. Insomma un quadro che promette guerra, e non pace.
Lo stesso per il voto del parlamento inglese, spinto dai Laburisti (con
l'astensione del governo) per ammiccare a quella parte dell'opinione pubblica scesa in piazza per Gaza: è triste che la più antica democrazia del mondo tratti così la democrazia più eroica nel mezzo del terremoto mediorentale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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