L'Ucraina muove i carri armati: vuole strappare i porti a Putin

Il presidente ucraino partecipa a un'esercitazione militare a 150 chilometri da Kiev. Poroshenko: "In questo modo non perderemo neppure un minuto nel muovere le truppe, non ci saranno freni burocratici. Certo, questo provvedimento d’emergenza non ha nulla a che vedere con la nostra democrazia interna, che non è affatto messa in dubbio"

L'Ucraina muove i carri armati: vuole strappare i porti a Putin

Le immagini, a volte, valgono più delle azioni. E così il presidente ucraino Petro Poroshenko si è fatto fotografare in una base di addestramento di carristi a 150 chilometri da Kiev (Guarda la gallery). E lo ha fatto indossando l'uniforme militare, mostrandosi così "nel suo ruolo di capo supremo dell’esercito", come riporta il Corriere. Il messaggio è dunque chiaro: l'Ucraina è pronta a rispondere alle azioni di Mosca. Anche se non si sa ancora con chiarezza cosa è successo domenica scorsa nello stretto di Kerch, quando le navi russe hanno prima bloccato e poi sequestrato tre imbarcazioni militari ucraine, la tensione è ora alle stelle.

A che punto è la guerra in Ucraina

Tutto è iniziato nel 2014, con i celebri fatti di piazza Maidan ed è continuato poi nella guerra nel Donbass che, in quattro anni, ha provocato oltre 10mila morti. E che ha fatto salire alle stelle la tensione internazionale, con minacce e sanzioni da una parte e dall'altra. Per Mosca l'Ucraina è fondamentale. Così come per gli Stati Uniti, tanto che Zbigniew Brzezinski, politico e analista americano, scriveva nel 1989: "Il Paese più importante resta l’Ucraina. E, con la progressiva espansione dell’Unione europea e della Nato, essa dovrà scegliere infine se entrare a far parte di entrambe queste organizzazioni (…). Ma, anche se ciò richiederà del tempo, è bene che già fin d’ora, l’Occidente – mentre intensifica i suoi rapporti economici e la sua collaborazione con Kiev nel campo della sicurezza – cominci a prefigurare una progressiva integrazione dell’Ucraina, in tempi ragionevoli, tra il 2005 e il 2015, riducendo così il rischio che essa cominci a nutrire il timore che l’espansione dell’Europa, si arresti alla frontiera con la Polonia". Uno scenario molto simile a quello che poi è effettivamente successo.

Ora Poroshenko ha imposto la legge marziale. Lo stesso presidente ieri ha detto: "La legge marziale è semplicemente concepita per organizzare in modo efficiente la nostra mobilitazione militare e le difese contro le mosse violente e minacciose di Mosca. In questo modo non perderemo neppure un minuto nel muovere le truppe, non ci saranno freni burocratici. Certo, questo provvedimento d’emergenza non ha nulla a che vedere con la nostra democrazia interna, che non è affatto messa in dubbio". Già, perché i critici di Poroshenko sostengono che questa mossa sia una risposta alla sua crescente perdita di popolarità e un modo per blindare le prossime elezioni di marzo. Un'accusa che lo stesso presidente ucraino ha però respinto al mittente: "La legge marziale dovrebbe durare solo 30 giorni, dunque terminerà prima di Capodanno. In verità l’unico a beneficiare dell’eventuale rinvio delle nostre elezioni sarebbe Putin, che potrebbe accusarmi di non rispettare le nostre regole democratiche e confermare le sue menzogne. Ma per me la data del voto resta assolutamente immutata".

Lo scontro tra Russia e Ucraina

La domanda che a Kiev si pongono in questi giorni è molto semplice: siamo in grado oppure no di sostenere una guerra navale contro Mosca nel Mar d'Azov? Come ha scritto Davide Bartoccini su Gli Occhi della Guerra, la risposta è no. A meno che non ci sia un intervento della Nato. L'Institute of Strategic Black Sea Studies di Kiev ha inoltre realizzato uno studio sulla guerra silenziosa che in questi anni si sta combattendo nel Mar d'Azov. Solamente dallo scorso aprile, sono state fermate oltre 730 navi ucraine: "Si tratta di azioni assolutamente arbitrarie condotte dagli agenti dello Fsb (il servizio segreto russo). Alcune navi sono state rallentate più volte nello stesso viaggio. Ciò causa un grave danno alla nostra economia. Dai nostri porti sul Mare d’Azov transita il 40 per cento del nostro export, soprattutto grano e acciaio. In più c’è stata la costruzione del ponte russo che collega la penisola di Crimea alla Russia continentale attraverso lo stretto di Kerch. Un’opera lunga 18 chilometri e alta solo 35 metri, sotto la quale non possono transitare le grandi navi da carico. Metà della nostra flotta non può più passare in quelle acque". Per questo uno dei principali obiettivi di Kiev è quello di riprendersi i porti.

Salta l'incontro tra Trump e Putin?

Quanto avvenuto nello stretto di Kerch la scorsa domenica ha rischiato di far saltare l'incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin a margine del G20 di Buenos Aires. Il presidente Usa, poco dopo l'accaduto, ha infatti detto: "Non mi piace questa aggressione". La controparte russa, invece, non ha mai smesso di lavorare al bilaterale, come hanno fatto sapere dal Cremlino: "I preparativi proseguono. L'incontro è concordato. Non abbiamo informazioni diverse dai colleghi americani.

L'incontro è ugualmente necessario a entrambe le parti ed è importante per lo sviluppo della situazione generale nel mondo". Il fatto che il bilaterale non sia saltato certifica che qualcosa è cambiato nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. E che i tempi di Obama sono ormai un ricordo lontano.

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