Molly Russell, un'adolescente inglese, si è tolta la vita a 14 anni dopo aver visionato centinaia di contenuti social su suicidio, depressione e autolesionismo. Sono alcune delle conclusioni a cui è giunto il coroner Andrew Walker, a capo dell'inchiesta sulla morte della ragazzina. "Un atto di autolesionismo mentre soffriva di depressione e degli effetti negativi dei contenuti online", ha chiarito il magistrato circa le circostanze sospette del decesso. Sulla vicenda è intervenuto anche William, il Principe del Galles con un messaggio condiviso attraverso il suo profilo Twitter: "Nessun genitore dovrebbe mai sopportare ciò che la famiglia Russell ha passato. Sono stati incredibilmente coraggiosi. La sicurezza online per i nostri bambini e giovani deve essere un prerequisito, non un aspetto secondario".
No parent should ever have to endure what Ian Russell and his family have been through. They have been so incredibly brave. Online safety for our children and young people needs to be a prerequisite, not an afterthought. W
— The Prince and Princess of Wales (@KensingtonRoyal) September 30, 2022
Il suicidio di Molly
Molly Russell si suicidò nella notte tra il 19 e 20 novembre del 2017. La sera precedente alla tragedia, aveva cenato con la famiglia, in una casa di Harrow, quartiere a nord-ovest di Londra. Al mattino, sua madre Janet la ritrovò senza vita nella cameretta. Secondo quanto riporta il Corriere.it, la donna raccontò alla polizia che la figlia si era "comportata normalmente" fino a pochi istanti prima del drammatico gesto. Eppure Molly era finita in un vortice di profonda disperazione alimentato in parte, secondo gli inquirenti, dai contenuti dei social media. "Il più cupo dei mondi", come lo ha definito Ian Russell, il padre della ragazzina dopo l'udienza di venerdì mattina.
I post sui social
Per il coroner Andrew Walker ci sono molte "probabilità" che le immagini di autolesionismo e suicidio possano aver avuto un impatto devastante sulla ragazzina "già affetta da una malattia depressiva e vulnerabile a causa dell'età". Per certo "quei contenuti non avrebbero dovuto essere a disposizione del bambino", ha precisato il magistrato. Molly avrebbe visionato 2.100 post che parlavano di suicidio, depressione e autolesionismo in 6 mesi. Venerdì, al processo hanno partecipato anche alcuni rappresentati delle piattaforme social: tutti hanno espresso profondo e sincero rammarico per la vicenda. Gli stessi manager hanno precisato, inoltre, che alcuni post visualizzati dalla ragazzina avrebbero violato "le politiche dei social".
Dal 2019 molte piattaforme di interazione digitale hanno vietato la diffusione di tutte le immagini realistiche o impressionanti legate a suicidio e autolesionismo. Infine, è bene ricordare che i contenuti sono filtrati da centinaia di moderatori in tutto il mondo ai quali spetta il compito di vigilare sul corretto utilizzo del mezzo di comunicazione da parte degli utenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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