Guerra in Ucraina

"Nulla rispetto a quello che vedremo”. L'oscura profezia sul grano

Il blocco dei porti sul Mar Nero potrà creare nuove e pesanti problematiche. Il grano può infatti deteriorarsi velocemente. Ecco tutti i rischi

"Nulla rispetto a quello che vedremo”. L'oscura profezia sul grano

Se la situazione nei porti ucraini non si sbloccherà, l'allarme alimentare per il grano diventerà via via più pesante: ne è convinto Pierre Vauthier, Funzionario Responsabile Designato dalla Fao per l'Ucraina. "Quello che avete visto finora è niente rispetto a ciò che vedrete se non si sblocca la situazione", racconta allarmato a Repubblica. Il problema non riguarda soltanto come far partire la materia prima e farla arrivare a destinazione aggirando i blocchi di Russia e Bielorussia ma almeno altri sei ostacoli non da poco: dalla mancanza dei fertilizzanti che Mosca ha smesso di inviare alle semine e raccolti "resi impossibili dalla battaglia", non si può accedere al credito agricolo e i macchinari sono messi fuori uso perché molti pezzi di ricambio servono per la guerra. Per non parlare delle "officine dove ieri si riparavano i trattori e oggi i carri armati. È tutto stravolto", sottolinea il funzionario.

"Il grano non è eterno"

Vauthier coordina ben 114 tecnicni in tutto il mondo che provano ad aiutare il popolo ucraino. Mesi di conflitto hanno bloccato il grano all'interno dei silos e non è affatto un bene perché, con il passare del tempo, "si deteriora, perde valore nutritivo ed economico". Si studiano decine di soluzioni nuove molte delle quali non percorribili come quella di farlo partire con i treni. Le strade più battute riguardano la trasformazione in farina, più duratura, e soprattutto i camion che lo portano oltre al confine con la Romania dove poi viene imbarcato sulle chiatte, lunghi barconi adibiti a questo tipo di trasporto, "che raggiungono con una rete di canali il delta del Danubio", spiega al quotidiano italiano.

Qual è la missione

Il gruppo di lavoro va in giro per campagne e fattorie ucraine in cerca di ripristinare la situazione: spesso vengono accolti da anziani che non hanno voluto abbandonare il loro terreno, coltivato da una vita, e provano a far riavviare semina, raccolto e commercializzazione, in questo momento "la fase più difficile. Cerchiamo di far sì che la loro attività non si interrompa, è difficile ma cruciale in vista del futuro. A volte la situazione è così disperata che diamo un indennizzo in cash a chi ha perso tutto perché trovi un mercatino dove comprare da mangiare". Gli aiuti economici, per forza di cose, non possono essere enormi ma quelle 69 euro al mese, magari ripetute mensilmente, sono pur sempre un aiuto per campi ormai distrutti da bombe e mine.

La aree messe in ginocchio

Le zone teatro di guerra, quelle a sud e a est, hanno ovviamente le maggiori devastazioni agricole. A ovest la situazionbe è leggermente migliore rispetto al Donbass e alla stessa Odessa dove "grandi aree coltivate sono in pericolo", aggiunge Vauthier. Pochi giorni e inizierà il mese per raccogliere le scorte per il prossimo inverno e seminare ma "il 49% dei terreni coltivati a grano, il 38% di quelli ad avena e così via, sono in zone di conflitto attivo". Oltre alle difficoltà del presente, la situazione è nera anche per il futuro. Fortunatamente, i raccolti 2021 sono stati definiti "eccezionali" perchè l'Ucraina "è una terra benedetta, con una serie di microclimi fantastici per sperimentazioni e coltivazioni". La Fao è lì attiva da anni con numerose basi a Kiev, Leopoli, Mariupol, Kramatorsk. "Tutto sospeso, ora operiamo da una direzione provvisoria a Polyana, nel sud-ovest, dove abbiamo preso in affitto un albergo: a pianoterra i nostri uffici, di sopra decine di sfollati".

Gli aiuti economici

L'aiuto è ammirevole ma non si possono chiedere miracoli, almeno in questa fase. Anche i soldi non fanno tutto se i terreni sono improduttivi e non si può "ricostruire" fin quando non sarà finito il conflitto. I finanziamenti richiesti ammontano a oltre 115 milioni di dollari soltanto nel mese di aprile per aiutare quasi un milione di persone che abitano nelle zone rurali per tutto l'anno "ma arrivano con il contagocce.

E non c’è solo l’agricoltura", conclude.

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