Tunisi ferita

Non solo Ansar al Sharia: la mappa del terrore in Tunisia

Troppe le sacche di integralismo sottovalutate nelle zone più emarginate, soprattutto nel sud del Paese

Non solo Ansar al Sharia: la mappa del terrore in Tunisia

Lo stigma della jihad, che marchia inequivocabilmente il sanguinoso assalto nella capitale tunisina, conferma come ormai l’integralismo islamico semini il terrore in tutto il mondo. La Tunisia, il Paese della "rivoluzione gentile", ha visto svanire il dolce odore dei gelsomini che è stato sostituito da quello acre della polvere da sparo. Eppure negli ultimi mesi i segnali erano giunti inequivocabili.

La Tunisia, che è riuscita a gestire in modo non devastante il trapasso dalla dittatura a una democrazia peraltro in fase di costruzione, non è riuscita a contrastare il virus dell’integralismo islamico. Troppa l’indulgenza che i vertici del partito islamico Ennahdha hanno riservato ai salafiti, le cui imprese, spesso violente, furono perdonate. Ed invece quelle marachelle si sono evolute colpendo ai fianchi un Paese debole e ancora troppo lacerato dai contrasti politici per assumere una posizione univoca contro il terrorismo islamico. Quanto accaduto oggi può essere frutto di iniziative di cani sciolti, anche se la preparazione dell’attacco lascia pensare l’esatto contrario. Ed è inquietante pensare che proprio ieri Ouanes Fèkih, capo del gruppo terroristico Ansar al Sharia, aveva inviato un messaggio video ai seguaci affinché "difendano la loro religione". Messaggio concluso minacciando che "i giorni a venire saranno pieni di avvenimenti".

La coincidenza delle parole di Fèkih con l’attacco di oggi è quanto meno singolare. E potrebbe apparire come una "non coincidenza" l’operazione condotta dalla procura anti terrorismo di Tunisi, che proprio ieri l’altro ha arrestato dieci terroristi che dall’Algeria volevano entrare in Tunisia. Ansar al Sharia è una delle componenti dell’islam integralista armato tunisino che, nell’arco degli ultimi due anni, ha visto alimentate le proprie file da giovani di credo salafita o, peggio, takfirista, la corrente più estrema ed aggressiva. Anche se l’offensiva dello Stato tunisino c’è stata e c’è ancora, la lotta al terrorismo islamico appare lontana dall’essere portata a buon fine. Troppe le sacche di integralismo sottovalutate nelle zone più emarginate, soprattutto nel sud del Paese. Troppo, peraltro, anche il ritardo con cui si è risposto. Ci sono gruppi molto aggressivi, come la Katibat Abou Mariam e quello ben più pericolosa Okba Ibn Nafaa, che ha già condotto attacchi mortali.

Ed il monte Chaambi è ben più che una ridotta dei terroristi del sud perché è lì che tengono impegnate le unità d’elite dell’esercito in quella che è ormai una guerra di posizione.

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