Gli oppositori di Assad esistono ma non vivono in Siria da anni

Il problema dei negoziati tra il governo di Damasco e gli oppositori è legato alla legittimità democratica dei secondi

Gli oppositori di Assad esistono ma non vivono in Siria da anni

La Risoluzione 2254 approvata all’unanimità durante la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tenutasi a New York la settimana scorsa non fa altro che confermare il Comunicato di Ginevra del giugno 2012. Russia e Stati Uniti d’America hanno trovato un accordo nel tutelare la Repubblica Araba Siriana e sostenere un governo di unità nazionale. Il documento prevede di fatto l’attuazione del cessate il fuoco, l’individuazione dei gruppi terroristici, la convocazione “urgente” di negoziati fra governo legittimo e rappresentanti dell’opposizione, “possibilmente a gennaio” a Ginevra, e stabilisce che entro sei mesi le parti debbano stabilire un esecutivo di transizione e avranno 18 mesi di tempo per svolgere delle elezioni (la risoluzione non menziona Bashar Al Assad in nessun momento).

“Ora dobbiamo aspettarci rifiuti, boicottaggi, accelerazioni del conflitto e gravi atti di violenza, per posizionarsi prima del cessate il fuoco. Ci saranno momenti nel futuro immediato in cui tutto sembrerà di nuovo perso. Bisognerà capire che ciò non rappresenta la fine del negoziato, e mantenere la pressione per sostenerlo” ha affermato l’inviato speciale dell’Onu in Siria, Staffan de Mistura, in un’intervista alla Stampa. “La sensazione generale è che non c’è alternativa alla soluzione politica: l’Onu è una barca e il vento ha iniziato a spingerla”, ha spiegato De Mistura illustrando i prossimi passi nel negoziato di pace. “Governo inclusivo e non settario, tregua, costituzione, elezioni entro 18 mesi. L’agenda è molto ambiziosa, forse troppo, ma è giustamente voluta così per marcare che non c’è tempo da perdere. Faremo gli inviti per vederci a Ginevra a fine gennaio”.

La prima prova, infatti, “sarà verificare quante parti verranno davvero, e parlare di cose concrete. Quanto è avvenuto a Riad con le opposizioni aiuta a credere che le fazioni più dure sono pronte a discutere una soluzione politica. Anche il governo lo dice, dobbiamo verificare. La prova sarà fra gennaio e febbraio, quando ci saranno altri appuntamenti che possono avere influenza geopolitica”. Obiettivo ora è “smussare gli angoli di chi pensa di essere l’unico rappresentante, da una parte o l’altra, ed escludere gli altri. Nei mesi scorsi abbiamo incontrato 320 differenti identità, o personalità, che vogliono rappresentare il mosaico siriano”. Il problema dei negoziati è proprio legato alla legittimità democratica degli oppositori di Bashar Al Assad il quale a differenza dei suoi detrattori gode ancora di un forte consenso popolare sul territorio controllato.

In questo momento a federare tutti gli antigovernativi – con il patrocinio di Stati Uniti e della “Mezzaluna Sunnita” - è la Coalizione Nazionale Siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione con a capo Khaled Khoja (uomo che vive fuori dalla Siria da anni) e fondata nel novembre del 2012 a Doha (Qatar).

All’interno di essa si colloca non solo il Consiglio Nazionale Siriano (CNS) fondato ad Istanbul nell’ottobre del 2011 dagli esponenti dei Fratelli Musulmani ma anche altre sigle tra cui la coalizione di 34 Paesi formatasi una settimana fa a Riad (Arabia Saudita) e che esclude Iraq, Iran e Siria. E il popolo siriano sarebbe rappresentato da queste organizzazioni create a tavolino fuori dai confini nazionali?

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