Positivo al Covid per più di un anno: cosa è successo al paziente

Un paziente oncologico ha sviluppato ben tre varianti del Covid-19 rimanendo positivo per circa un anno e tre mesi: ecco cosa è successo e l'importanza di questa scoperta per l'evoluzione di Sars-CoV-2

Positivo al Covid per più di un anno: cosa è successo al paziente

Un caso più unico che raro sta facendo discutere gli esperti di tutto il mondo, tant'è che si trova anche in letteratura scientifica: un paziente ammalato di tumore dell'età di 60 anni è rimasto positivo al Covid per molto più di un anno, precisamente 471 giorni (un anno e tre mesi). La motivazione è ancora più sorprendente: la persona avrebbe sviluppato ben tre varianti diverse in grado di "convivere".

La strana variante

La notizia è stata data dai ricercatori dello Yale New Haven Hospital, non lontano da New York. La storia dell'infezione da record inizia nell'estate 2021 ed è stata scoperta dell'epidemiologo Nathan Grubaugh e dal suo team che stava analizzando i ceppi di coronavirus nei campioni dei pazienti dello Yale New Haven Hospital. All'improvviso, è stato notato qualcosa mai vista prima: nota soltanto come B.1.517, questa versione del virus non ha mai avuto un nome come Delta o Omicron perché non è mai evoluta in "variante di interesse". Apparve in alcune zone del Nord America all'inizio del 2020, ha scatenato una breve epidemia in Australia ma dopo l'aprile 2021 sembrava essere scomparsa del tutto.

"Eppure la stavamo ancora vedendo", ha affermato Grubaugh a Sciencenews, anche dopo che B.1.517 si era "estinta" in tutti gli Stati Uniti: il suo team ha notato che emergeva nei tamponi raccolti dal paziente oncologico. Lo stesso lignaggio, come un orologio svizzero, per mesi e mesi senza mai scomparire e far negativizzare l'ammalato. Secondo le analisi condotte dai ricercatori e pubblicate in uno studio prelimiare su Medrxiv, tutti quei campioni raccolti nel corso dei mesi hanno raccontato "un'incredibile storia di evoluzione virale. In circa 15 mesi, almeno tre versioni geneticamente distinte del virus si erano evolute rapidamente all'interno del paziente", secondo quanto stabilito dalle analisi del team. Avete capito bene: nello stesso organismo di un paziente mai uscito dalla sua stanza d'ospedale, si sviluppate ed evolute tre diverse varianti di Sars-CoV-2.

Tre varianti, dozzine di mutazioni

Ogni versione conteneva in sé dozzine di mutazioni coesistendo nel corpo del paziente. "Onestamente, se qualcuno di questi dovesse emergere in una popolazione e iniziare ad essere trasmessa, lo chiameremmo una nuova variante", ha affermato Grubaugh. In pratica, una sola persona avrebbe potuto dar vita a qualche nuova variante se si fosse trovato all'esterno. Lo scenario raccontato è rarissimo e, durante questi tre anni di pandemia, sono state relativamente poche le mutazioni del Covid-19 emerse fino a questo momento. Il lavoro, però, mette in luce come le infezioni virali persistenti possano fornire un terreno fertile per una rapida sperimentazione evolutiva probabilmente sfruttando un sistema immunitario molto indebolito.

Il lavoro di Grubaugh è "probabilmente lo sguardo più dettagliato che abbiamo avuto finora su una singola infezione persistente da SARS-CoV-2", afferma Tom Friedrich, virologo dell'Università del Wisconsin-Madison, non coinvolto nella ricerca. Lo studio supporta una scoperta precedente su un diverso paziente immunocompromessoe e infettato con Omicron: in quel lavoro, i ricercatori hanno scoperto l'evoluzione del virus in 12 settimane mostando che il suo "discendente" ha infettato almeno altre cinque persone. "Sono abbastanza convinto che le persone con infezione persistente siano importanti fonti di nuove varianti", sottolinea Friedrich.

Lo studio su pazienti con infezioni suggerisce agli scienziati dove si sta dirigendo l'evoluzione di Sars-CoV-2: anche se il virus si evolve all'interno di una persona non significa che si diffonderà, per forza, alla collettività.

"Ma se alcune mutazioni virali tendono a manifestarsi in più persone con infezioni persistenti, ciò potrebbe suggerire che la prossima grande variante potrebbe evolversi in modo simile". Imparare a conoscere i modelli di mutazione potrà aiutare la ricerca a sviluppare vaccini ad hoc, bivalenti o booster, contro le future varianti del coronavirus.

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