Guerra in Ucraina

La "profezia" di Capuozzo: "9 maggio? Cosa farà Putin..."

Intervista allo storico inviato di Mediaset: "Bucha? Un mito intoccabile, ma io ho posto delle domande"

La "profezia" di Capuozzo: "9 maggio? Cosa farà Putin..."

A partire dal 24 febbraio scorso, giorno in cui è iniziata l'invasione russa dell'Ucraina, Toni Capuozzo ha aggiornato i suoi lettori con una serie di dispacci quotidiani. Analisi e commenti su ciò che accadeva durante il conflitto. Spesso, proponendo tesi che andavano (e continuano ad andare) contro l'opinione comune. In occasione dell'uscita del suo ultimo libro, Giorni di guerra. Russia e Ucraina, il mondo a pezzi (Signs Book), lo abbiamo intervistato.

Partiamo dall'intervista che il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha concesso a Zona Bianca, su Rete 4. Perché tante polemiche?

Innanzitutto per alcune cose che Lavrov ha detto: l'affermazione sulle origini di Hitler e sul fatto che non sia significativo che Zelensky sia ebreo per garantire che in Ucraina non ci siano nazisti. E poi per l'accenno fatto all'Italia. Per come la vedo io, in realtà, ogni intervista, fosse pure al peggiore dei nemici, è utile per conoscere l'avversario. Per capire cosa pensa e cosa ha in mente. Lavrov è sicuramente una figura importantissima nel regime putiniano, ma è stato anche, almeno per chi segue le vicende del Cremlino, uno dei più riluttanti a seguire Vladimir Putin nell'invasione. Il tono dell'intervista, inoltre, era quello di chi deve riaffermare la sua fedeltà al capo e finisce, obtorto collo, per essere più realista del re. Credo sia più interessante leggere l'intervista da questo punto di vista. Resta però il fatto che ogni giornalista sarebbe stato lieto di aver intervistare Lavrov, anche se, probabilmente, era stati fatti accordi affinché non fossero fatte domande irriverenti e il ministro russo non venisse interrotto. È un classico di queste interviste.

C'è qualcosa di diverso nel racconto di questa guerra?

Sì: da un punto di vista generale, è la prima guerra raccontata dai social, con tutto il bene e il male che questo comporta. C'è un sacco di materiale che chiunque può postare. Ci sono voci anonime e propaganda. Ma soprattutto, questa guerra è diversa per quanto riguarda l'informazione italiana, il cosiddetto mainstream, che è schierata al 110% in difesa dell'aggredito. Come tutti ho un giudizio netto sul fatto che ci sia un aggressore (la Russia) e un aggredito (l'Ucraina). Però bisogna anche sforzarsi per capire le ragioni. Per capire come si è arrivati a questo punto e se ci sono stati degli errori da parte dell'Occidente. Questo non per dividere le colpe o per un'equidistanza comoda, ma per non ripetere gli errori che sono stati fatti nel passato. Lo stesso principio vale anche nello svolgimento della guerra. Se leggi il Corriere della sera di qualche giorno fa, c'è un pezzo in cui si parla del battaglione Azov. È un articolo evidentemente empatico. Bisogna però sottolineare che nella loro "Bella ciao" si inneggia anche a Stepan Bandera, che è stato il re del collaborazionismo ucraino con i nazisti. È evidente una forzatura di simpatia nei confronti del Battaglione Azov, assediato, che non intende mollare le armi e vuole essere evacuato come fosse il soldato Ryan. Ma per evacuare il soldato Ryan sono molte tante persone. Quello però era il soldato Ryan. Quelli del battaglione Azov sono semplicemente dei militari che si avviano verso una sconfitta. Possono pretendere, e hanno tutto il diritto di farlo, il trattamento che si riserva ai prigionieri di guerra e quindi il rispetto. A proposito: anche oggi il Corriere ha un'intervista coi prigionieri russi, ignorando (come fanno anche i russi) che i prigionieri, per la convenzione di Ginevra, non possono essere intervistati perché non sono in grado di essere liberi di parlare. Noi, in nome del no all'aggressione, passiamo sopra a questo minimo rispetto delle norme di un conflitto.

In un'intervista concessa alla Rai, la moglie di un soldato del battaglione Azov afferma: "Quando i civili saranno usciti, i nostri mariti diverranno un facile bersaglio". Crede che sarà così?

È la guerra. Ho visto titoli sdegnati per un bombardamento russo contro sette stazioni che ha provocato cinque morti. Sia chiaro: sarebbe stato meglio che quei morti non ci fossero stati. Ma è un bilancio minimo in un conflitto di questa portata. Che i russi abbiano commesso un primo crimine con l'aggressione e che, come in tutti i conflitti e forse di più, commettano crimini nell'occupazione dei villaggi, è una cosa che non mi sorprende. Fa parte di tutte le guerre. Anche di quella in Siria contro lo Stato islamico. Anche di quella in Afghanistan contro i talebani. Pensiamo che siano state condotte con i guanti bianchi? La sconfitta di Saddam Hussein l'abbiamo ottenuta con le buone maniere? No. È la guerra. Molte persone l'hanno scoperta soltanto adesso. Quando la Nato bombardava Belgrado era una missione umanitaria? È la ragione per cui bisogna essere contro le guerre oggi e pretendere la pace il prima possibile. Ogni giorno di guerra è un giorno di crimini. Da una parte e dall'altra.

Giorni di guerra - di Toni Capuozzo

A proposito di crimini di guerra: Bucha.

Bucha è diventato una specie di mito intoccabile. Ma facciamo chiarezza: ci sono centinaia di morti nelle fosse comuni, che sono state scavate dagli ucraini stessi dietro la chiesa. Non erano fosse comuni nascoste in un bosco. In quelle fosse erano stati sepolti i morti durante l'occupazione russa, che è durata più di un mese. Che siano stati uccisi dopo torture o a sangue freddo è facile immaginarlo. Il Guardian, però, ha parlato anche di un certo numero di vittime che presentava dei dardi, che sono tipici delle bombe a grappolo sparate dall'artiglieria. Sarebbero dunque morti sotto i bombardamenti, che non erano dei russi, perché tenevano la città, ma probabilmente degli ucraini. Sicuramente, è stata una strage su cui bisogna indagare, soprattutto sul numero delle vittime attribuibili a crimini di guerra. Ma bisogna andare anche ad investigare su quante siano, purtroppo, le cosiddette vittime collaterali.

Ma i morti per strada?

Su quelli ho posto delle domande, ma continuo a non sentirmi soddisfatto delle risposte. Ho notato che diverse vittime avevano dei bracciali bianchi sul braccio e mi è stato detto che erano dei civili che volevano arrendersi. In realtà, sappiamo che sono i russi, e chi collabora con loro, ad avere il fazzoletto bianco al braccio. Alcune di quelle vittime, poi, avevano accanto razioni alimentari russe. Nessuno ha mai spiegato come mai. I russi hanno dato loro le razioni alimentari e poi li hanno ammazzati? Non c'è una foto in cui si vedono dei bossoli per terra, che invece ci sono quando si ammazza un uomo da breve distanza. Ci sono infine le immagini in cui i corpi vengono trascinati con un cavo. Ora, io li ho visti i corpi minati in Bosnia. La mina è fatta in modo che, una volta che non c'è più pressione, esplode. Quei corpi sono stati trascinati per metri. È solo imperizia o qualcos'altro? Nessuno ha risposto. Come si sono conservati quei corpi che, secondo le foto satellitari, sarebbero rimasti lì per più di venti giorni? Senza nessuna traccia di vilipendio di animali selvatici, poi? Mi hanno risposto con l'analisi di una veterinaria. Ma io chiedo: c'è qualcuno che ha spiegato cos'è andata a fare la squadra speciale della polizia, che si chiama Safari, che secondo la stampa ucraina era lì il primo aprile per disinnescare ordigni inesplosi, per dare la caccia a sabotatori e collaborazionisti. C'è un bilancio di quella incursione? No. Secondo me, tutti dovrebbero sforzarsi di rispondere a queste domande. Non è secondario. È ovvio che quei 360 morti delle fosse comuni meritino vendetta e giustizia. Ma bisogna anche capire se i morti per strada sono vittime di questa operazione speciale della polizia e sono stati uccisi in quanto collaborazionisti oppure se sono dei morti recuperati dalle cantine e disposti sulle strade a favore di telecamere. Non è ininfluente. Queste cose le ho viste in altri conflitti. Perché una cosa è la tragedia. Un'altra è la strumentalizzazione della tragedia. Non ho dubbi sul massacro di Putin. Come non ho dubbi su Mariupol, città martire. Ma mi chiedo di chi è martire.

Secondo Luttwak, certamente non una colomba, bisogna trovare una via d'uscita...

Dovrebbe dirlo a Biden.

Quello che sostiene lui: "Il governo americano mi paga per avere le mie opinioni e io le faccio avere". Tornando alla domanda: secondo lei, è il momento per trovare un accordo tra Russia e Ucraina?

Lo dico da un sacco di tempo che bisogna trovare un accordo. Zelensky però dice che vogliono continuare a combattere fino a riprendersi la Crimea, O è una dichiarazione fatta per alzare il tiro prima dei negoziati oppure, se è un programma, significa che andranno avanti molto a lungo. C'è qualcuno di noi che pensa che l'Ucraina, per quanto armata dall'Occidente, per quanto abbia l'aiuto dell'intelligence occidentale, per quanto abbia istruttori occidentali, possa respingere l'esercito russo fino ai confini storici tra i due Paesi? No. Credo che senza un intervento diretto della Nato sarà difficile. I negoziati sono l'unico modo per evitare un conflitto mondiale o di incistarsi in quella parte di mondo con conseguenze terribili. Ma la domanda va fatta agli occidentali. La Von Der Leyen che si è fatta generalessa parla di vittoria. Borrell parla di vittoria. Biden parla di vittoria. Che cosa vuol dire vittoria? Vogliamo continuare fino a quando Putin non sarà abbattuto? E chi va al suo posto, posto che la sconfitta di Putin non equivale a libere elezioni in Russia. La Russia inoltre non è né la Libia né la Somalia. È un Paese con un arsenale nucleare e bisogna tenerne conto.

Per anni, la Russia è stata un nostro partner strategico. Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca si stanno rivelando un boomerang per noi?

Che le sanzioni facciano più male a noi che a loro è evidente. Ma sono anche una minaccia di lungo periodo che non ha una influenza nell'immediato. Io non sono un esperto di economia, ma la mia esperienza mi dice che embargo e sanzioni le pagano i popoli e non i governi. Come è successo a Cuba e in Iran.

Secondo il New York Times, che cita fonti di intelligence, gli americani avrebbero aiutato gli ucraini nell'affondamento del Moskva. Come mai questa notizia è uscita proprio ora?

Credo che anche in America si stia aprendo un dibattito su questo conflitto. Non c'è chiarezza su dove si voglia andare a parare. Nonostante l'opinione pubblica sia distante, comincia ad esserci un dibattito: questa guerra conviene davvero agli Usa? Fino ad ora, l'America ha ottenuto una Nato risuscitata, un'Europa messa in riga e, da un punto di vista economico, depressa. E questo non dispiace a Washington. Siccome la prospettiva non è più vincere nel giro di poche settimane, ma affrontare un lungo conflitto per riconquistare il Donbass e Mariupol, è cambiato tutto.

Ci avviamo verso il 9 maggio. In questa data, Putin potrebbe o proclamare la guerra totale contro l'Ucraina oppure affermare che tutti gli obiettivi sono stati raggiunti. Qual è secondo lei lo scenario più probabile?

Putin non è un giocatore di scacchi. È un judoka e la sua principale strategia è quella di sfruttare gli errori dell'avversario. Trasforma l'energia di attacco dell'avversario a suo favore. Sta dunque aspettando i nostri errori. Se dovesse dire: io da domani ordino il cessate il fuoco, prendo Azovstal con la fame e non sparo più un colpo lascerebbe la responsabilità di sparare i colpi per riprendere il Donbass all'Ucraina, mettendola così in grande imbarazzo.

Può anche essere che dichiari la guerra totale, ma credo che sfrutterà la debolezza degli avversari.

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