Qatar, Turchia e Arabia Saudita falsi amici dell'Occidente

Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Iran e gruppi fondamentalisti giocano il loro tragico risiko sullo scacchiere mondiale

Qatar, Turchia e Arabia Saudita falsi amici dell'Occidente

Dall'Afghanistan fino alla Nigeria, passando per l'Europa, una striscia di sangue e morte sembra unire tre continenti in un ponte, non culturale, ma di orrore. Se si mettono in fila i nomi dei paesi coinvolti in questa guerra che viene combattuta su tanti campi di battaglia, ma di cui i burattinai che tirano le fila sembrano essere sempre gli stessi, pare che il mondo sia precipitato in un conflitto mondiale senza volerlo ammettere. Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Iran e gruppi fondamentalisti giocano il loro tragico risiko sullo scacchiere mondiale. Il conflitto generale nasconde tre guerre minori che si intrecciano l'une nelle altre. La prima è scoppiata tra sciiti e sunniti, con l’Arabia Saudita che si scontra, con le armi o politicamente, contro l’Iran in Yemen, Iraq, Siria e Libano “per stroncare la cosiddetta “mezza luna sciita” che dalla Persia, passando per l'Iraq, parte della Siria e Libano, taglia in due la fascia di paesi sunniti nel Mediterraneo. La seconda è una guerra per procura che coinvolge le tre maggiori potenze sunnite del Medio Oriente. L'Arabia Saudita che appoggia i Salafiti e il governo laico egiziano, contro la Turchia e il Qatar che appoggiano i Fratelli Musulmani. Queste tre potenze, pur essendo tutte alleate degli Stati Uniti, si combattono in Libia e in modo più sporadico in Egitto e Palestina per la supremazia nel mondo sunnita. Il terzo è un conflitto tra i fondamentalisti islamici e i musulmani che credono ancora nella tradizionale libertà di interpretazione, guerra che travolge anche tutti i laici e le minoranze religiose come i cristiani.

Questo scontro tra la libertà di interpretazione religiosa e l'ideologia totalitaria islamica ha partorito attacchi terroristici dalla Nigeria fino alla Cina, passando per Parigi o New York o nuove entità statuali come lo Stato Islamico tra Iraq e Siria, o in parti della Libia. Queste tre guerre sono intrecciate tra loro in modo intrinseco e da anni l'occidente ha chiuso gli occhi sul fatto che fossero proprio i suoi alleati a portarle avanti. Da un punto di vista ideologico Daesh o Al Qaeda sono figlie delle dottrine wahabite o salafite o dei Fratelli Musulmani, gruppi da cui si sono poi allontanate per diventare ancora più estremiste, ma con cui mantengono una certa parentela. L'indottrinamento di massa nel mondo musulmano sunnita verso dottrine che negano la libertà di interpretazione ed estremamente totalitarie è avvenuto grazie alle scuole islamiche e al welfare che l'Arabia Saudita e il Qatar, stretti alleati dell'occidente, hanno finanziato dovunque fossero presenti comunità islamiche. Questi paesi hanno potuto far ciò grazie alla protezione militare ed economica dell'occidente e alle risorse finanziare figlie dell'industria petrolifera. Questo fenomeno di massa è avvenuto a scapito di tutte le dottrine liberali dell'Islam e dei paesi laici, che pur non mancavano affatto nel mondo musulmano. L'occidente dovrebbe cominciare a chiedersi se l'Arabia Saudita sia più democratica delle tante dittature secolari mediorientali che ha spazzato via. Dovrebbe analizzare se i regimi laici del Medio Oriente avessero finanziato terrorismo o gruppi islamisti in mezzo mondo quanto hanno fatto e fanno i suoi alleati. Questo non vuol dire non riconoscere che anche le dittature laiche hanno finito per non soddisfare le aspirazioni di libertà dei popoli mediorientali, come dimostrano le varie primavere arabe. Ma quanto meno dovrebbe portare a una certa cautela prima di sposare in pieno la causa di quelle potenze che hanno storicamente partorito, dagli anni trenta in poi, quei germi ideologici che hanno abolito gli spazi di interpretazione del Corano. Ideologie totalitarie, con qualche parentela con quelle europee degli anni trenta, che hanno concentrato nelle mani di partiti politici o movimenti estremisti l'interpretazione dei testi sacri. I paesi europei e gli Stati Uniti dovrebbero anche riflettere sul fatto che se si cominciasse a comperare meno petrolio da questi paesi molte delle risorse finanziare per queste guerre finirebbero. Il mondo islamico ha delle società civili molto più vivaci di quel che si pensa ed è da queste che bisognerebbe ripartire, anche con un confronto duro su libertà civili, religiose e responsabilità storiche. Perché se è vero che l'occidente, dall'epoca coloniale in poi, ha non poche responsabilità, è anche vero che i paesi in cui vivono i musulmani non ne hanno di meno. Solo ultimamente, i paesi sunniti, Egitto a parte, non sono intervenuti quando gli islamici venivano uccisi perché interpretavano il Corano in modo diverso, mentre gli Yazidi venivano sterminati, le chiese bruciate e i templi di Palmira fatti saltare in aria.

Non hanno detto nulla di fronte agli stermini di Boko Haram in Nigeria e i paesi più ricchi e più islamisti del Medio Oriente, le monarchie del Golfo, non hanno aperto le loro porte ai rifugiati siriani e iracheni, al contrario dei paesi vicini più laici come Libano, Giordania e Turchia. In fondo andrebbe ricordato ai quei nazioni che i teorici dell'islamismo politico li hanno partoriti loro negli anni trenta, forse in seguito alle violenze coloniali e successivamente aiutati dai calcoli anti sovietici degli americani durante la guerra fredda, ma li hanno pur sempre partoriti e finanziati loro. In alcuni casi, queste ideologie islamiste, sia sunnite, che sciite, sono arrivate al potere da anni, come in Arabia Saudita e in Iran. Se i paesi occidentali in questa guerra sembrano aver perso la bussola, questo non si può dire per il presidente russo Putin che invece ha ben chiaro che per sconfiggere Daesh bisogna passare per i paesi più laici o più pragmatici della regione ed essere disposto anche metterci i soldati. Ovviamente Putin, alleato dell'Iran (pragmatico) e della Siria controllata da Bashar al Assad (laica), lo fa non andando per il sottile e condannando molti civili a un triste fine. Ma bisogna tenere presente che non intervenire non salverà di certo i civili che finiranno solamente nelle braccia genocide di Daesh. Inoltre, se l'occidente collaborasse di più con la Russia si potrebbe aiutare maggiormente i civili intrappolati in quelle aree. Un vecchio detto recita che “la pace si fa con i nemici”, tra Daesh e Bashar Al Assad, l'occidente e i paesi sunniti confinanti con la Siria e l'Iraq non dovrebbero avere dubbi su quale nemico scegliere per trovare un accordo. Daesh predica lo sterminio di interi gruppi etnici, culturali e religiosi, Bashar uccide i suoi nemici e finisce per colpire anche civili, ma non gruppi di popolazione in base al credo o altro. Con lui, in cambio della fine della violenza e di una transizione politica che garantisca diritti agli alawiti, ai sunniti, ai cristiani e a il resto delle minoranze del paese, si può ragionare, con gli altri no. Attualmente tra le nazioni coinvolte direttamente o indirettamente nel conflitto generale nel mondo islamico si possono annoverare: Afghanistan, territori cinesi a maggioranza islamica, Russia, Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Iraq, Yemen, Qatar, Turchia, Libano, Israele e Territori Palestinesi, Egitto, Sudan, Somalia, Kenia, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Mali, Mauritania, Nigeria, Burkina Faso, Guinea Bissau, Niger, Chad e altri ancora.

Per non dimenticare l'Europa da cui provengono molti dei foreign fighters che combattono per Daesh e teatro dei sanguinosi attentati di Parigi e gli Stati Uniti. In questo risiko mondiale si spostano truppe, finanziamenti e predicatori per giocare una partita con la morte in nome dell'ideologia mascherata da Dio.

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