Guerra in Ucraina

Quei tre passaporti che possono inchiodare i macellai di Bucha

I tre passaporti dei soldati russi uccisi a Bucha potranno consentire di risalire ai nomi e cognomi dei macellai che hanno devastato la città: ecco il racconto del vice sindaco, Serhiy Shepitko

Quei tre passaporti che possono inchiodare i macellai di Bucha

La città di Bucha, uno dei luoghi simbolo dei crimini di guerra compiuti dall'esercito di Putin, continua a essere in qualche modo l'epicentro del conflitto anche dopo le devastazioni e i morti lasciati per strada. Ma è proprio da Bucha che parte la speranza di arrivare all'identificazione di tre soldati "macellai" russi morti durante il conflitto per poter risalire, per intero, a tutti i massacratori. La notizia l'ha data il vicesindaco della città, Serhiy Shepitko, il quale custodisce i documenti dei tre con tanto di foto e altre informazioni preziose.

L'importanza di quei passaporti

La città ucraina tristemente famosa in tutto il mondo ha visto, numeri alla mano, la tortura e l'uccisione di almeno 416 persone. Almeno, perché la conta potrebbe essere ben peggiore. Su questo totale, soltanto quattro di loro facevano parte dell'esercito di Zelensky, ciò significa che 412 civili sono stati uccisi senza alcuna ragione. E la gente che è sopravvisuta al disastro continua ad andare al Comune chiedendo informazioni sui propri cari scomparsi e dei quali non si ha più notizia da settimane.

Uno strumento per fare giustizia, però, c'è: sono quei tre passaport, fondamentali per risalire al vertice della piramide. Ma chi sono i tre macellai identificati? Come scrive La Stampa si tratta di Loktev Maksyn Vladymyrovich, 22 anni, della regione di Ivanovsk, Russia; Ilyin Aleksander Valeryevich, 24 anni, della regione di Krasnoyarsky e infine Polyansky Ivan Alekseevich, 19 anni, della regione di Sverdlovska. Sono loro i tre soldati uccisi durante il conflitto e che possono far credere che si sarà futura giustizia. Come vedete, tutti giovanissimi ma tutti ben addestrati dal loro Zar a uccidere.

"Ecco dove sono stati uccisi"

"Era il 3 marzo. Il nostro esercito ha respinto un primo tentativo di occupazione sulla strada davanti alla stazione di Bucha. Lì sono stati uccisi quei tre soldati russi", racconta Shepitko al quotidiano italiano. Dal giorno successivo, poi, sono iniziate le atrocità contro i civili. "Io e il sindaco Anatoly Fedoryuk ci siamo dovuti rifugiare in un luogo segreto per alcuni giorni, solo il 12 marzo siamo riusciti a fuggire. I russi volevano sequestrarci", aggiunge. Fino ad ora, quello che si sa è che i tre russi facevano parte del primo battaglione come hanno mostrato anche le immagini satellitari sullo spostamento dei tank. E poi i social, perché anche tramite Telegram si sta arrivando all'identificazione di altri soldati, una decina per ora, sicuramente responsabili dei crimini di guerra.

Le prove sui corpi

Ancora più lampanti sono le prove che i macellai di Bucha hanno lasciato sui cadaveri e alcune tracce anche all'interno delle loro case. Per non considerare centinaia e centinaia di testimonianze dei superstiti raccolte dagli investigatori. Finora è stato aperto il numero record di 323 procedimenti penali contro i crimini di guerra. "Se provavi a guardare fuori, i russi sparavano contro le tue finestre", racconta un cittadino della città. Senza timore, lo ha guardato negli occhi domandandogli cosa stessero facendo, il perché di quelle devastazioni contro la popolazione. "Seguiamo le istruzioni - ha risposto il soldato - Se non facciamo la guerra, ci uccideranno o ci metteranno in prigione". Il giorno successivo, l'abitante di Bucha ha seppellito i corpi di quattro cadaveri all'interno di una fosse "di un garage in costruzione. Erano persone disarmate.

Erano amici", conclude.

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