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"Rischio tsunami sul Mediterraneo quasi al 100%": l'allarme Unesco

Allerta tsunami nel Mediterraneo: l'Unesco ha stimato che entro i prossimi 30 anni alcune città costiere sono a rischio "al 100%" se non si interviene sin da subito con un programma di prevenzione

"Rischio tsunami sul Mediterraneo quasi al 100%": l'allarme Unesco

Il Mar Mediterraneo e altri mari nel mondo sono ad alto rischio tsunami: la denuncia arriva direttamente dall'Unescu che alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'Oceano a Lisbona (27 giugno-1 luglio), annuncerà un nuovo programma globale per far in modo che tutte le località costiere siano preparate a eventuali eventi catastrofici. La "previsione" per il nostro mare, però, non è comunque incoraggiante: uno tsunami potrebbe presto colpire entro i prossimi 30 anni città come Marsiglia, Alessandria e Istanbul "con una probabilità quasi del 100%" e con un'onda di "altezza superiore al metro".

Quali sono le cause

Ma perché nel Novecento, per esempio, questo rischio è stato sempre evitato e adesso la situazione sembra essere cambiata? Facile: l'innalzamento del livello del mare a causa del continuo scioglimento dei ghiacci. "Mentre le comunità del Pacifico e dell'Oceano Indiano, dove si verificano la maggior parte degli tsunami, erano spesso consapevoli dei pericoli, in altre regioni costiere compreso il Mediterraneo è stato sottovalutato" ha aggiunto l'Unesco. A rischio, oltre alle città appena menzionate, ci sarebbero altre 40 città "pronte per lo tsunami" in 21 diversi Paesi "entro il prossimo anno": tra queste c'è la francese Cannes e la spagnola Chipiona, città sulla costa atlantica nei pressi di Cadice.

Come si forma uno tsunami

Questo mostro del mare si forma quando un terremoto colpisce le profondità marine: da quel momento possono crearsi le condizioni affinché un'onda si propaghi fino a diventare sempre più alta e fermarsi soltanto all'impatto con le zone costiere. Nessuno di noi potrà mai dimenticare quanto accadde nel 2004 con lo tsunami più disastroso e mortale di sempre nell'Oceano Indiano il giorno di Santo Stefano, che uccise circa 230mila persone di 14 diversi Paesi. Il terremoto di magnitudo 9.1 del 2011 in Giappone, invece, provocò uno tsunami le cui onde raggiunsero quasi 40 metri di altezza uccidendo 18mila persone. Dal 2004 ad oggi, il Pacific Tsunami Warning Centre dell'Unesco ha contato almeno 125 eventi con una media di sette ogni anno.

Gli esperti, poi, affermano che il 78% di questi è determinato dall'attività sismica, il 10% dall'attività dei vulcani e dalle frane e il 2% da eventi meteo. "Gli tsunami del 2004 e del 2011 sono stati un campanello d'allarme", ha affermato al The Guardian Bernardo Aliaga, esperto di tsunami dell'Unesco. "Abbiamo fatto molta strada dal 2004. Oggi siamo più al sicuro. Ma ci sono lacune nella preparazione e dobbiamo migliorare; dobbiamo assicurarci che gli avvisi siano compresi dai visitatori e dalle comunità". Le onde di appena 1,5-2 metri di altezza possono sollevare le auto da terra, mentre onde più piccole possono portare a pareti d'acqua che viaggiano a 65 km/h.

L'innalzamento del livello del mare è "un motivo in più per aumentare il ritmo del nostro lavoro", ha concluso.

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