Guerra in Ucraina

Rispunta Abramovich: cosa fa adesso (e perché)

L'oligarca russo avrebbe intensificato la sua attività di mediatore sotto traccia tra Russia e Ucraina. Dietro al suo attivismo ci sarebbe tuttavia il timore di incombenti sanzioni dagli Usa

Rispunta Abramovich: ecco cosa fa adesso (e perché)

Da possibile uomo chiave dei negoziati a fantasma. In mezzo, il presunto avvelenamento e una nuova apparizione in pubblico. Dopo essersi seduto al tavolo delle trattative tra Russia e Ucraina a fine marzo, Roman Abramovich era sparito ancora una volta dai radar. Per giorni si erano perse le sue tracce e, diversamente, si erano avute solo notizie dei suoi beni: sanzionati e congelati. Sull'oligarca russo e sul suo ruolo nella crisi ucraina erano così tornate ad alimentarsi supposizioni e congetture. Ora però, a distanza di settimane dall'ultimo avvistamento, l'ex patron del Chelsea è tornato in qualche modo sulla scena. Pur senza manifestare platealmente la sua presenza.

Secondo ricostruzioni di stampa, unite alle poche notizie disponibili sull'argomento, Abramovich non avrebbe mai smesso di condurre tentativi di mediazione tra la compagine russa e quella ucraina, chiaramente ad altissimi livelli. Aggirando le prove di negoziazione indiretta, sinora finite male, il magnate avrebbe tentato di smuovere personalmente dalle loro posizioni sia Zelensky sia Putin, con l'obiettivo di trovare possibili margini di convergenza tra visioni diametralmente opposte. Il presidente ucraino infatti non intende concedere terreno alla Russia, mentre lo Zar punta a ottenere un nuovo assetto geopolitico favorevole a Mosca. Abramovich starebbe cercando di aprire un varco utile alla risoluzione del conflitto. E, soprattutto, utile a se stesso.

Già, perché a motivare l'imprenditore nel suo ruolo di mediazione sarebbero innanzitutto degli interessi personali di natura economica. Arrivati a questo punto, dopo oltre due mesi di guerra, il principale timore del magnate è che gli Stati Uniti possano inserirlo nella loro lista degli oligarchi sanzionati. Il che sarebbe una vera e propria sciagura, visto che già Abramovich aveva dovuto fare i conti con il congelamento - se non addirittura l'esproprio - di asset importanti custoditi fra a Londra e dintorni. Senza contare i problemi di liquidità causati dall'impossibilità di movimentare denaro in Europa o di spostare verso Occidente quello accumulato in Russia. Le restrizioni americane potrebbero scattare qualora il ruolo di mediazione del magnate fosse considerato bruciato o fallimentare: ecco spiegato il suo ritrovato attivismo.

Una decina di giorni fa, il milionaro era volato di nuovo a Kiev per confrontarsi con il capo dello staff presidenziale, Andrej Yermak, e con i negoziatori del presidente Zelensky. Un colloquio del quale, ufficialmente, non ci sono state conferme. Come spesso avviene, infatti, le trattative più importanti sono quelle che avvengono sotto traccia. Dall'Ucraina, tuttavia, qualcosa è trapelato. "Per quel che so io, e io so molto, Ambramovich fa parte del gruppo russo dei negoziatori. Lui è stato a Kiev...", si era lasciato scappare lo stesso Zelensky, come annota il Corriere. Formalmente, però, Putin non ha mai riconosciuto al magnate russo il ruolo di suo mediatore ufficiale.

La corsa contro il tempo di Ambramovich, insomma, avrebbe come scopo quello di scongiurare lo scenario - ipotizzato da Bloomberg - di un intervento americano sui suoi beni. Gli elevati costi per i mantenere i possedimenti del "Roman Empire", come lo chiamano gli anglofoni con un gioco di parole, non consentirebbero infatti al magnate di subire ulteriori giri di vite sui capitali.

Sul tavolo delle trattative, pare di capire, non c'è solo la pace.

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