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Il ritorno del burqa

Le giovani femministe di Kabul lo distribuiscono alle donne casa per casa, perché possano scappare e cercare di evitare le punizioni degli integralisti. I prezzi del velo integrare sono decuplicati nei mercati dei Kabul.

Il ritorno del burqa

Ci sono le donne che resistono e partecipano alle proteste anti-talebane. Ci sono le donne che lanciano i bambini in mano ai soldati americani nell'aeroporto di Kabul, perché almeno i più piccoli possano salvarsi. E ci sono le donne che tornano a mettere il burqa, anche se gli estremisti islamici hanno garantito che bambine e ragazze potranno studiare e lavorare e non dovranno indossare il velo integrale, a meno che non lo vogliano. Nessuno crede alle promesse di rispetto dei diritti delle donne, «nei limiti della legge islamica», da parte dei talebani che «all'interno della sharia» hanno sempre vietato lo smalto per le unghie, i cosmetici, i gioielli e pure un sorriso in pubblico. Le testimonianze dall'Afghanistan, in mano agli integralisti da cinque giorni, raccontano che la ferocia nei confronti delle donne è rimasta intatta, come la misoginia radicata nel loro islam integralista. Dalla provincia di Takhar arriva la prima notizia, corredata da foto, di una donna uccisa perché non era coperta dalla testa ai piedi. Il suo corpo riverso nel sangue.
È anche per questo che le poche donne che si avventurano in strada rimettono il burqa che ne cancella il volto e l'identità, facendo intravedere il mondo come dalle sbarre di un carcere. Lo fanno anche se lo odiano come simbolo e sintesi della sopraffazione talebana, lo fanno per «sparire» dalla vista, passare il più possibile inosservate, ed evitare guai. Non è un caso che i prezzi del velo integrale a Kabul e provincia siano decuplicati. Il fenomeno è cominciato con l'avanzata militare dei talebani ma è sempre più evidente dopo la proclamazione del nuovo Emirato islamico. Nei mercati, dai due euro dell'anno scorso (200 afghani) il prezzo dei burqa è salito fino ai 21-31 euro di questi giorni (2mila-3mila afghani). «E se prima erano le donne di provincia ad acquistarli racconta un commerciante di Kabul al Guardian ora sono anche le donne di città a farlo». Si preparano al peggio, a quello che è sempre stato nella aree dove i talebani hanno continuato a esercitare il loro dominio.
Il velo integrale - udite, udite - viene consegnato anche da un gruppo di giovani femministe universitarie della capitale, che hanno «come modelli i movimenti europei e americani». «Hanno distribuito casa per casa i burqa alle donne ha riferito all'Agi Nicoletta, volontaria della Casa delle donne di Milano, in contatto con una studentessa afghana di 26 anni, che frequenta Scienze Politiche ma chiede di restare anonima - Sono i burqa delle loro nonne, che da anni non li indossano». «Hanno distribuito anche assorbenti per il ciclo mestruale, perché a Kabul uscire di casa per una donna è diventato impossibile. Cercano di tutelare le studentesse più esposte, che dalla capitale fanno rientro nelle famiglie alla periferia del Paese».
Il burqa come lasciapassare. Come scudo. Per evitare le punizioni dei talebani a caccia di cittadini da punire per aver violato il codice morale. Le speranze sono scarse. Gli integralisti hanno già aggiustato il tiro sulle aperture alle donne, spiegando tramite i Waheedullah Hashimi, uno dei leader più anziani, che «saranno i nostri ulema, (esperti di diritto islamico), riuniti in consiglio, a decidere se le ragazze andranno a scuola». Cosa diventerà legge sarà stabilito dal governo talebano in corso di formazione.
Le donne sono certe che pagheranno il prezzo più alto. Dopo vent'anni di guerra, Joe Biden dice che «non è razionale» tentare di proteggere i diritti di donne e bambine nel mondo usando la forza militare, occorre «pressione diplomatica e internazionale». Ma la sintesi del doppio gioco dei talebani è in un servizio del network americano Showtime, che agli estremisti chiede se rispetteranno i diritti delle donne, a votare ed essere elette. I tre in turbante e kalashnikov rispondono con una risata involontaria, che faticano a contenere. «Stop filming, fermate le riprese», chiedono.

E a smettere di ridere proprio non riescono.

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