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Salta la grotta sacra aborigena: in Australia rivolta anti-miniere

Distrutto il sito di Juukan Gorge, di 46mila anni fa. Bufera sul colosso Rio Tinto. Che silura l'amministratore delegato

Salta la grotta sacra aborigena: in Australia rivolta anti-miniere

Una antichissima grotta nascosta nella terra rossa irrimediabilmente distrutta, un intero popolo in sommossa e l'amministratore delegato di una grossa società mineraria licenziato in tronco. Sono gli ingredienti di una storia destinata a far discutere molto in Australia. E non solo. Il protagonista della vicenda è Jean Sebastien Jacques, ceo del colosso minerario anglo-australiano Rio Tinto. Dopo aver autorizzato la distruzione di una cava aborigena risalente a 46mila anni fa, scatenando l'ira ma anche l'azione legale della popolazione autoctona del Paese, il manager è stato costretto a rassegnare le due dimissioni. Seguito dal capo della divisione «Iron Ore», Chris Salisbury, e dal responsabile delle relazioni corporate, Simone Niven.
La grotta di Juukan George si trovava nell'Australia occidentale ed era stata abitata dagli aborigeni quasi 50mila anni fa. Nel 2014, alcuni scavi archeologici sul sito avevano permesso di ritrovare il più antico esempio di strumenti in osso - un osso appuntito di canguro - risalente a 28mila anni fa e una treccia di capelli vecchia di quattromila anni, che si ritiene fosse stata indossata come una cintura. Insomma, la grotta rivestiva un'importanza enorme non solo per la storia aborigena e per la sua cultura, ma anche per l'archeologia mondiale. Questo però non è bastato per fermare le cariche di dinamite, autorizzate da Jacques lo scorso 24 maggio con lo scopo di ingrandire una miniera di ferro già sfruttata in passato dal gruppo Rio Tinto. L'esplosione ha distrutto l'intero sito ed è stata immediatamente denunciata dagli aborigeni. Così come dagli stessi azionisti della società mineraria, che hanno contestato la decisione del ceo promuovendo anche un'inchiesta da parte del Consiglio di amministrazione della società. Il risultato è stato la richiesta di dimisisoni, senza possibilità di appello. «Quanto accaduto a Juukan è stato un errore e siamo determinati a fare in modo che la distruzione di un patrimonio così eccezionalmente importante dal punto di vista archeologico e culturale non possa mai più avvenire durante un'operazione di Rio Tinto - ha dichiarato il presidente del gruppo, Simon Thompson -. Abbiamo voluto ascoltare le preoccupazioni dei nostri azionisti secondo i quali la mancanza di responsabilità individuale compromette la capacità del gruppo di ricostruire la fiducia e di andare avanti».
Per il momento Jacques resterà in carica fino alla nomina del suo successore, o al più tardi fino al 31 marzo, mentre gli altri due dirigenti lasceranno il gruppo entro la fine del 2020. Ma a fine agosto tutti e tre avevano dovuto rinunciare ai rispettivi bonus, che nel caso del ceo sarebbero ammontati a tre milioni di euro. Una punizione già durissima, ma non sufficiente secondo i soci. L'inchiesta interna ha infatti dimostrato che nonostante il gruppo avesse ottenuto le autorizzazioni legali per procedere alla distruzione del sito, iniziale giustificazione da parte di Jacques, questa azione non era coerente con gli standard aziendali.

Di qui la decisione di azzerare i vertici e ripartire.

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