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Lo scacco matto di Erdogan all'Ue

La Turchia attacca la Siria. L'Ue protesta ma non fa nulla: così è finita vittima del ricatto orchestrato da Ankara

Lo scacco matto di Erdogan all'Ue

I tempi sono importanti, in politica. Soprattutto in quella internazionale. Solo una settimana fa, giovedì e venerdì scorso, il ministro dell'Interno della Germania, Horst Seehofer, vola in Grecia ed ad Ankara per discutere con Erdogan della situazione migratoria nell'Egeo. Pochi giorni dopo, Trump annuncia il ritiro delle truppe americane dagli avamposti in Siria e il sultano può dare il via alla sua operazione militare. Senza analizzare le reazioni delle altre grandi potenze, quello che emerge in queste ore è l'incapacità dell'Ue di incidere nelle decisioni internazionali. L'Europa balbetta qualcosa, non è d'accordo ma non può spingersi troppo oltre. E c'è un motivo: Erdogan ha puntato il missile migranti verso Bruxelles e sa di poter tirare la corda finanche a spezzarla. È lui ormai a dettare i ritmi.

Durante il suo ultimo intervento al Parlamento di Ankara, il presidente turco ha esternato quello che le cancellerie europee avevano già capito nelle ultime settimane. Ovvero che la Turchia porterà avanti la sua "Primavera di Pace" (simpatico nome per definire un'azione di guerra in pieno autunno) checché ne dica Bruxelles. "Ehi Ue, sveglia - ha gridato Erdogan - Ve lo ridico: se tentate di presentare la nostra operazione lì come un'invasione, apriremo le porte e vi invieremo 3,6 milioni di migranti". Più chiaro di così, si muore.

Il problema, per la Germania e l'intera Ue, è che la Grecia è al collasso. La Turchia ha lasciato passare migliaia di richiedenti asilo durante tutta l'estate, ingolfando il sistema di accoglienza di Atene. Le isole nell'Egeo sono allo stremo. A Samos sorge una città sopra la città e ormai c'è un migrante per ogni cittadino. A Lesbos, Kos, Chios e Leros a fronte di appena 6.300 posti per l'accoglienza ci sono oltre 30mila immigrati. La situazione non è sostenibile, ma ore l'Ue paga tutte le sue colpe.

Per capire come la Turchia tenga davvero per il guizaglio l'Europa basta andare nei campi profughi greci. IlGiornale.it ha raccolto le testimonianze dei siriani, vessati dagli africani; dei bambini costretti a vivere in campi indegni; delle donne violentate e abusate nel silenzio; e dei cittadini europei esasperati da un'immigrazione sempre più massiccia (leggi qui l'intero reportage). Solo un effettivo accordo di redistribuzione tra i Paesi Ue permetterebbe di disinnescare la miccia turca: la Grecia, l'Italia e la Bulgaria sarebbero alleggerite da un peso insopportabile, rendendo inutili le intimidazioni turche. Ma il patto di Malta, sventolato come la panacea di tutti i mali, si è rivelato un bluff. Così come la riforma del regolamento di Dublino resta ferma al palo. L'unica idea venuta a Berlino e Parigi è stata quella di andare a Ankara per trattare l'invio di nuovi fondi. Erdogan chiede i 3 miliardi promessi (e mai versati) da Bruxelles, oltre - probabilmente - a nuovi impegni economici.

Le debolezze dell'Ue sono la forza di Erdogan. Per questo può permettersi di minacciare l'invio di 3,6 milioni di migranti e di avviare un'offensiva militare contro i curdi senza che nessuno si opponga. Certo, i Paesi Ue hanno condannato l'attacco. Ma oltre le parole, c'è molto poco: "L'Ue ribadisce il sostegno all'unità, la sovranità e l'integrità territoriale della Siria", dice la Commissione, ma per ora resta a guardare. Difficile immaginare che, come chiesto da Fratelli d'Italia, Bruxelles poissa comminare sanzioni contro Ankara. Il risultato sarebbe quello di ritrovarsi la rotta balcanica di nuovo libera dalla diga costruita dalla Turchia e pagata 6 miliardi di euro dall'Europa. Quindi per ora Bruxelles protesta senza interferire.

Vittima dello scacco matto di Erdogan.

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