In Perù si stanno contando le vittime del bagno di sangue verificatosi in un carcere di Lima al culmine di recenti scontri tra detenuti e polizia. I tafferugli sono andati in scena nel pieno di una protesta da parte dei prigionieri del medesimo penitenziario, iniziata lunedì e scatenata dalla diffusione dei contagi da coronavirus nella struttura incriminata. La vicenda si è consumata nell’istituto di pena di Miguel Castro Castro, ubicato nel popoloso distretto di San Juan de Lurigancho, dove il Covid è penetrato uccidendo finora due internati.
Proprio la morte di questi ultimi a causa del morbo ha spinto i detenuti di tale centro di reclusione a dare vita a feroci contestazioni contro il sovraffollamento del penitenziario e dirette a sollecitare le autorità a tutelare la popolazione carceraria contro il dilagare dell’infezione.
La struttura di Miguel Castro Castro, ha spiegato ieri la Bbc, ospita attualmente 5500 internati su una capienza massima di 2000 persone e ciò rende di conseguenza difficilissimo il rispetto, da parte di reclusi e secondini, delle distanze interpersonali di sicurezza.
Al culmine delle proteste scoppiate lunedì, i dirigenti della prigione hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, poiché i moti stavano sempre più assumendo l’aspetto di tentativi di un’“evasione di massa”.
L’arrivo degli agenti sul posto avrebbe quindi coinciso con l’esplosione delle violenze e con uno spargimento di sangue. L’emittente, citando i familiari degli internati morti negli scontri avvenuti a Miguel Castro Castro, espone a questo proposito la tesi secondo cui i poliziotti avrebbero aperto il fuoco contro gli ospiti del penitenziario che stavano allora protestando.
Il drammatico bilancio stilato a conclusione dei tafferugli conta, evidenzia il network britannico, nove morti e due feriti tra le file dei detenuti, mentre 60 secondini e cinque agenti delle forze dell’ordine peruviane hanno riportato traumi o lesioni.
Relativamente alle cause dei decessi dei prigionieri, i dirigenti del penitenziario di Lima non hanno confermato le accuse fatte dai parenti delle vittime circa il fatto che la polizia avrebbe sparato contro individui inermi.
I vertici amministrativi del centro di reclusione, denuncia l’organo di informazione d’Oltremanica, non hanno appunto chiarito ancora le circostanze che avrebbero determinato quelle nove morti, limitandosi a segnalare che i corpi degli internati deceduti sono stati prontamente trasferiti in camera mortuaria per degli accertamenti.
Protesta analoghe a quelle scatenatesi a Miguel Castro Castro nel pieno dell’emergenza Covid, rimarca la Bbc, stanno riguardando ultimamente un po’ tutti gli istituti di pena del Paese.
Ad esempio, specifica l’emittente, questo martedì è stata la struttura detentiva di Lurigancho, la più grande del Peù con oltre 10mila internati, a precipitare nel caos, con i prigionieri che hanno manifestato per ottenere dalle autorità migliori condizioni di vita e tutele per la loro salute.
Nel Paese, denuncia il network, sarebbero oltre 600 i reclusi colpiti dal coronavirus, di cui tredici morti, mentre i secondini malati sarebbero più di un centinaio.
Il presidente della Repubblica, Martín Vizcarra, ha reagito al montare della ribellione nei penitenziari
annunciando un provvedimento di grazia, dettato da ragioni straordinarie, a beneficio di 3mila carcerati particolarmente esposti al rischio del contagio, così da attenuare il sovraffollamento delle strutture.
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