Xi Jinping non ha mai nascosto i suoi ambiziosi programmi militari. Programmi perfettamente in sintonia con il progetto, tutt'altro che avventato, di trasformare la Cina nella prima potenza mondiale. Ma negli ultimi mesi molti se ne sono scordati. Guardando alla perdita di consenso conseguente alle restrizioni anti-Covid, ai problemi finanziari causati da un economia non più effervescente e da una pericolosa bolla immobiliare molti hanno sperato che l'Imperatore rosso si concentrasse sulla risoluzione dei problemi interni. Era una pia illusione. Chiuso il Congresso e messe le mani per la terza volta sulla segreteria del Partito Comunista Xi Jinping ha immediatamente rilanciato le sue autentiche priorità sollecitando i militari a serrare i ranghi lavorando per la costruzione di «un esercito di livello mondiale».
Secondo quanto enunciato ieri in un incontro con i generali le forze armate devono «rafforzare la guida ideologica, la responsabilità e l'attuazione del lavoro» e preoccuparsi di «lanciare lo sviluppo di un forte esercito». Quelle due frasi bastano a preoccupare sia le nazioni del vicino Pacifico, sia una Casa Bianca e un Pentagono consapevoli che l'Armata del Dragone punta ad eguagliare e superare le capacità militari degli Stati Uniti. Tra i vicini la più preoccupata è sicuramente Taiwan. Nel corso del Congresso appena conclusosi Xi Jinping ha ribadito la volontà di riportare l'isola sotto il controllo di Pechino. «Insistiamo - ha detto il presidente cinese - sulla prospettiva di una riunificazione pacifica... ma non rinunceremo mai all'uso della forza riservandoci di prendere tutte le misure necessarie». E più delle parole preoccupano i fatti. Il più allarmante nell'ottica di Taiwan è la rapida ascesa ai vertici dell'armata cinese del generale He Weidong. Fino ai primi mesi di quest'anno il generale comandava quel teatro orientale da cui dipendono le operazioni intorno a Taiwan. Ora però gli è stato assegnato il prestigioso incarico di numero due della Commissione Militare Centrale, lo Stato Maggiore delle forze del Dragone guidato dallo stesso Xi Jinping. Una promozione che la dice lunga su quali possano essere gli obbiettivi strategici a breve termine. Quelli a medio e lungo termine non sono più tranquillizzanti.
Durante i precedenti mandati Xi Jinping ha fissato due obbiettivi temporali per lo sviluppo militare. Il primo è quello del 2035 entro il quale l'esercito deve completare il processo di modernizzazione. Il secondo, programmato per il 2049, è ben più minaccioso. Da quel momento l'esercito dovrà, nelle parole di Xi, dimostrarsi capace di «combattere e vincere le guerre». La corsa verso l'appuntamento del 2035 è già iniziata. In termini numerici la Marina Militare cinese con le sue 360 unità, ha già sorpassato da qualche anno una flotta statunitense dotata di 297 navi. Per il momento però la differenza la fanno ancora la superiorità tecnologica della flotta di Washington e la sua capacità di dispiegare molti più sottomarini e portaerei. Anche in questo campo Pechino fa, però, passi da gigante. Il progresso più significativo è il varo, lo scorso giugno, della Fujian una portaerei di 80mila tonnellate e 315 metri di lunghezza capace di mettere in volo fino a 60 tra aerei ed elicotteri.
Quella portaerei rappresenta il primo passo verso gli obbiettivi del 2035 e del 2049. Due date entro le quali il Dragone non si accontenterà più di far paura a Taiwan e agli altri vicini, ma punterà a minacciare direttamente gli Stati Uniti e i loro alleati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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