Mondo

Il nuovo mito dei radical chic: ecco le talebane dell'accoglienza

Tatuaggi e canottiera d'ordinanza: ecco chi sono e cosa fanno le capitane che ci portano i migranti in Italia

Il nuovo mito dei radical chic: ecco le talebane dell'accoglienza

Tatuate, scompligliate, volontariamente o involotariamente mascoline, le "capitane" al comando delle missioni lanciate dalle organizzazioni non governative come OpenArms sono diventate per una parte dell'opinione pubblica le nuove paladine della giustizia senza compromessi.

A pochi interessa chi siano veramente, qual è la loro vera esperienza, cosa rischierebbero se invadessero le acque territoriali di un qualsiasi Paese serio - un buon esempio sarebbe l'Australia -, e anche del perché paiano tutte vittime inconsapevoli, ad un primo sguardo, dello stesso identico cliché della "scappata di casa". Del resto, le vedessimo dalla distanza di una motovedetta della Guardia Costiera, anche con il binocolo non sapremmo distinguere una dall'altra.

Canottiera, tatuaggi in bella vista, capigliature stupefancenti, reggiseno come optional imposto dal patriarcato e pose da ammiragli ottocenteschi: l'arcinota Carola Rackete, la Pia Klemp e la Anabel Montes Mier detta "Ani", sembrano dei cloni prodotti da un nuovo prototipo sociale. Quello che piace alle sinistre progressiste e a chi si estasia davanti alla decapitazione o all'imbrattamento spregiudicato delle statue che un tempo abbellivano, indisturbate e senza illegittimo processo, le nostre belle città. Spesso proprio di eroici condottieri dei secoli passati.

Le tre signorine, nessuna risulterebbe essere sposata attraverso riti religiosi o civili, sono due tedesche - come la ong che ha affidato loro il comando della Sea-Watch3 e della Luoise Michel - e una spagnola, l'ultima nota, la giovane Ani, che come ha spiegato ad un inviato di Repubblica ha abbandonato la sua occupazione di bagnina nel Principato delle Asturie per finire al comando della Sea Eye: nave operata dalla OpenArms, plurimenzionata ong spagnola. Nemiche giurate di Matteo Salvini, per il quale nutrono lo stesso astio che intercorre tra gli eserciti di Gerusalemme e Teheran, hanno un'età compresa tra i 31 e i 37 anni, e circumnavigano tutte e tre intorno al reato favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Qualcuna anche a quello di violenza privata, qualcun'altra ha addirittura speronato indisturbata una motovedetta delle Guardia di Finanza, ma l'ha fatta franca. Vabbeh.

"Se salvare vite in pericolo è un crimine, io sono una trafficante", afferma la nuova indomita capitana. Che nulla teme secondo le articolesse compiaciute e conniventi che le dedicano. Questo perché le capitane, messa da parte la morale nei confronti di chi si sta facendo la doccia calda a casa a differenza loro - come se ce le avessimo mandate noi in mare - sono sicure di poter contare, oltre che su lauti finanziamenti e sul plauso di ammanicate fazione politiche, sulle convenzioni internazionali. Convenzioni sulle quali da qualche tempo a questa parte si è sempre deciso di chiudere almeno un occhio, di fronte a determiate ed eclatanti violazioni del diritto del mare. Così almeno parrebbe.

Quelle pronunciate dall'ultima arrivata Ani sono le stesse frasi altisonanti ripetute allo sfinimento dalla Carola Rackete. Figlia redenta di un venditore di morte che, dato il successo mediatico raggiunto, ha anche deciso di metterle nero su bianco in un inutile libro da poco pubblicato "Il mondo che vogliamo".

Non è da meno la Pia Klemp, la capitana delle nuova nave brandizzata Banksy, la comandate più anziana di tutti; che ha condotto nel Mediterraneo per sei anni la nave del gruppo ambientalista Sea Shepard, ed è indagata per aver avuto contatti diretti - dunque aver probabilmente “collaborato” con i contrabbandieri libici - per trarre in salvo numerosi migranti con la nave Iuventa. L'ex istruttrice di diving che dalla Germania si era stabilita negli atolli del Pacifico, è forse la capitana con più esperienza dati gli anni di comando. Dunque le spetta di diritto il ruolo di capostipite.

Sarebbe per cui da domandare a lei, forse, se le due proseliti l'hanno imitata soltanto nel look, e anche nella fascinazione di scambiare delle missioni umanitarie finanziate dalle organizzazioni non governative, per delle "lotte antifasciste" (parole sue) da condurre senza esclusioni di colpi e senza regole d'ingaggio, come corsare protette da nuove "autorizzazioni" nel Mediterrano.

Commenti