Rispondere colpo su colpo. In primis sul piano politico e anche su quello economico. Sembra essere questa la parola d'ordine negli Usa in relazione alla posizione della Russia e del conflitto con l'Ucraina.
La guerra, partita con l'attacco ordinato daVladimir Putin oramai una settimana fa, ha cancellato ogni parola e spiraglio diplomatico tra Washington e Mosca. Fino alle prime settimane di febbraio il linguaggio era profondamente diverso. Si parlava di canale di dialogo ancora aperto, di possibilità da offrire alla diplomazia. Oggi la situazione è radicalmente diversa.
Tra sanzioni e armi
Il presidenteJoe Biden, nel suo discorso sullo stato dell'unione dello scorso primo marzo, non ha usato mezze misure. Ha definito Putin un dittatore e ha elogiato “l'eroica resistenza” del popolo ucraino, anche se a causa di una gaffe lo ha chiamato iraniano. Lapsus a parte, dal podio del Congresso il capo della Casa Bianca è apparso poco propenso ad aprire un nuovo canale di dialogo con il Cremlino.
A dimostrarlo sono le nuove sanzioni contro la Russia. Chiusura dello spazio aereo alle compagnie di Mosca, misure contro l'economia e anche sanzioni ad personam sono state soltanto alcune delle ultime mosse contro la federazione russa.
Mosse che hanno certamente avuto un impatto sull'economia. Lo ha ammesso ieri Dmitri Peskov, il quale in un incontro con la stampa ha dichiarato che le sanzioni imposte da Europa e Stati Uniti stanno già avendo effetti importanti. Ma, al tempo stesso, lo stesso Peskov ha tenuto a precisare che la situazione è sotto controllo e che tutte le misure per arginare gli effetti verranno prese nelle prossime ore.
Se già comunque il discorso sanzioni sta creando grattacapi alla Russia, l'altra mossa statunitense messa in campo negli ultimi giorni non è da meno. Riguarda la continua vendita di armi all'Ucraina. Kiev sta al momento resistendo e l'avanzata russa, anche se importante, non sta andando avanti nei tempi preventivati dal Cremlino.
Da qui la possibilità per Washington di continuare a far affluire armi in Ucraina, con la speranza che possano frenare ulteriormente le truppe russe. Al di là delle effettive conseguenze sul campo, la vendita di armi è avvertita dai russi come una provocazione e un'intromissione in una disputa tra Mosca e Kiev.
Il Pentagono, hanno fatto sapere alcune fonti della Difesa Usa alla Cnn, hanno già inviato almeno 200 missili Stinger. Altri mezzi sono in partenza. Gli hub in Polonia stanno lavorando a pieno ritmo per smistare il materiale e mandarlo al di là del confine. Un'operazione non priva di rischi. I convogli, una volta giunti nell'Ucraina occidentale, potrebbero essere bersaglio russo.
Il rischio dell'aumento della tensione
Pochi giorni fa dal Congresso degli Stati Uniti, come riportato dal Corriere, hanno avanzato una proposta senza precedenti: l'espulsione della Russia dall'Onu. Ipotesi irrealistica, perché Mosca ha importanti rapporti intaccati dalla guerra con la Cina, il sud America e molti Paesi asiatici. Ma già il fatto stesso che a Washington alcuni deputati ne abbiano discusso rende idea della situazione. E fa acuire il nervosismo al Cremlino.
È lecita una domanda a questo punto: gli Usa stanno lavorando realmente a una de escalation? Sembrerebbe di no. Anzi, la linea è quella di tenere botta alla Russia e provare a danneggiarla. Un modus operandi che però potrebbe allontanare il momento del cessate il fuoco e potrebbe avvicinare uno scontro ravvicinato.
Biden vorrebbe costringere i russi ad arrivare il più danneggiati possibile a un tavolo negoziale, ma le risposte ravvicinate colpo dopo colpo assomigliano molto più a confronto serrato politico (e non solo) che a una fase di distensione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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