Suicidio in volo: i tre precedenti

Un primo precedente si verificò il 9 febbraio del 1982 quando un DC-8 della ’Japan air lines’ precipitò in mare poco prima di atterrare all’aeroporto Haneda

Suicidio in volo: i tre precedenti

Non ci sono conferme al 100%, ma se l’ipotesi del suicidio del copilota dell’Airbus 320 venisse confermata, non si tratterebbe del primo caso nella storia dell’aviazione commerciale. Un primo precedente si verificò il 9 febbraio del 1982 quando un DC-8 della ’Japan air lines’ precipitò in mare poco prima di atterrare all’aeroporto Haneda di Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante Seiji Katagiri. La commissione d’inchiesta appurò che l’uomo - il quale, soffriva di disturbi nervosi - nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell’equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l’aereo in mare. Nell’incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite.
Nell’ottobre del 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, precipitò nell’Oceano Atlantico, al largo dell’isola di Nantucket (Massachusetts), subito dopo il decollo. L’inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l’agenzia federale americana che indaga sui disastri aerei) stabilì che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel El-Batouty, il co-pilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Una tesi mai accolta dal Cairo.

Infine, nell’agosto del 1994, l’Atr-42 della Royal Air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui 8 italiani, precipitò vicino Agadir. L’aereo era diretto a Casablanca.

Il ’cockpit voice recorder’, il registratore delle conversazioni di cabina, rivelarono che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l’incidente nonostante i tentativi disperati del co-pilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il ’may-day’, cercò invano di bloccare il comandante.

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