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Iran, uccisi due guardiani della rivoluzione: il segnale per Teheran

Proseguono anche gli scontri in buona parte del Paese nel quarantesimo giorno di protesta per la morte di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni arrestata per non aver indossato il velo

Iran, uccisi due guardiani della rivoluzione: il segnale per Teheran

Due uomini armati che piombano in centro città e aprono il fuoco contro due pasdaran, i guardiani della rivoluzione, per poi scappare via e far perdere le proprie tracce. È uno scenario da vero e proprio agguato quello descritto dai media locali a Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan e Balochistan.

La regione è quella sudorientale dell'Iran, qui dove vive la minoranza sunnita dei baluci. Le vittime dell'agguato si chiamavano Mehdi Mollashahi e Javad Keikha. Il primo, secondo quanto riportato dall'agenzia iraniana Tasnim, era colonnello dei pasdaran, il secondo invece faceva parte della brigata Salman, organica comunque ai guardiani della rivoluzione.

Perché è un segnale preoccupante per Teheran

L'impressione è che non si tratti di un regolamento dei conti locale, quanto invece di un attacco frontale alle forze del governo. Proprio a Zahedan infatti è andato in scena uno degli episodi più controversi nell'ambito delle proteste in Iran in corso da più di un mese. Il Paese, come si sa, è attraversato da un'ondata di manifestazioni scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini, ragazza di 22 anni arrestata per non aver indossato il velo.

In questo contesto, il 30 settembre scorso gli scontri tra manifestanti e forze governative a Zahedan hanno portato alla morte di più di 80 persone. Da allora la situazione si è fatta molto tesa in città e nella provincia circostante.

Le proteste in Iran sono anche legate all'insofferenza di numerose minoranze presenti nel Paese. La stessa Mahsa Amini era di origine curda e questo ha scatenato scontri nelle aree abitate in gran parte da membri delle minoranze etniche e religiose. Tra cui per l'appunto il Balochistan, dove la popolazione professa l'Islam sunnita mentre il governo di Teheran è una teocrazia sciita.

Dopo la strage del 30 settembre, i leader religiosi sunniti locali hanno accusato le autorità e hanno usato parole pesanti contro la Guida Suprema, l'ayatollah Khamenei. Tra questi anche Molavi Abdolhamid, massima autorità sunnita iraniana. Il governo, nella sua ricostruzione dei fatti di Zahedan, ha attribuito la colpa alle frange più violente di gruppi separatisti baluci, ma nella provincia sono in pochi a crederci.

E le parole di condanna espresse da parte delle autorità religiose sunnite potrebbero aver convinto i più oltranzisti a passare allo scontro diretto contro Teheran. L'uccisione delle due guardie della rivoluzione potrebbe quindi collocarsi in questo contesto. E potrebbe, già nei prossimi giorni, non apparire più come un episodio isolato.

Proseguono gli scontri in Iran

Intanto nelle ultime ore si è avuta notizia di altre manifestazioni e altri scontri in tutto il Paese. In special modo nelle regioni a maggioranza curda. A Saqez un folto numero di manifestanti si è radunato per commemorare Mahsa Amini a 40 giorni dalla sua scomparsa. Sui social c'è chi parla di scontri molto duri con la polizia dopo una marcia conclusa nel cimitero di Saqez.

Dal canto loro le autorità iraniane hanno riferito di sporadici scontri con manifestanti poi dispersi dopo l'intervento della polizia.

La reazione delle autorità locali, secondo l'agenzia Isna, è avvenuta dopo il tentativo di un gruppo di persone di assaltare un centro militare dell'esercito.

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