Guerra in Ucraina

Va a fuoco il laboratorio dei super missili dello Zar

Incendio a Tver 24 ore dopo il lancio del Sarmat. Per le fonti ufficiali è un incidente, restano dubbi.

Va a fuoco il laboratorio dei super missili dello Zar

Incidente o attentato? Certo la «coincidenza» è molto strana: un incendio nell'edificio che ospita l'istituto di ricerca per la difesa aerospaziale del Ministero della Difesa russo a Tver (150 km a Nord Ovest di Mosca) proprio all'indomani del lancio «simbolico» del missile intercontinentale Sarmat: una prova di forza che molti analisti hanno letto come un'autentica minaccia al mondo; una sorta di intimidazione globale nel contesto della guerra in Ucraina. Ieri pomeriggio la città di Tver è stata annerita dal fumo denso che saliva dal palazzo in fiamme. All'interno sarebbero rimaste intrappolate circa 10 persone, mentre il bilancio delle vittime, ancora confuso e probabilmente destinato ad aumentare, parla di «7 persone morte nel rogo e 27 feriti, di cui tre in pericolo di vita». Stando a quanto riferito dal Moscow Times, l'incendio è divampato dal secondo piano dell'edificio - di circa 1.500 metri quadrati - e si è propagato anche nei tre piani superiori. Molte persone si sarebbero messe in fuga calandosi dalle finestre. L'Istituto è stato fondato nel 2014, tra i progetti sviluppati ci sono i sistemi di invisibilità dei velivoli Su-27 e Tu-160 e la partecipazione allo sviluppo del sistema missilistico «Iskander».Secondo una fonte citata dalla Tass, all'origine delle fiamme potrebbe esserci un corto circuito scaturito nel sistema di cablaggio elettrico: incendi di questo tipo sono abbastanza frequenti in Russia, se ne segnalano a centinaia ogni anno; colpa di edifici vecchi, ma soprattutto della scarsa manutenzione. Ma altre fonti vicine ai servizi di intelligence non escludono che possa trattarsi di «un attentato terroristico» finalizzato a screditare l'immagine di Putin in un momento-chiave del conflitto.


Sospetti accresciuti da un secondo rogo divampato, sempre nel pomeriggio di ieri, a Kineshma (a 400 km da Mosca), dove ha preso fuoco l'impianto chimico Dmitrievsky, il più grande produttore di solventi industriali in Russia e nell'Europa orientale. Anche qui l'origine delle fiamme presenta molti aspetti misteriosi. Una giornata, quella appena trascorsa, dove a farla da padrone sembra essere stato il gioco della propaganda. Compresa quella relativa ai presunti killer «incrociati» di Putin e Zelensky. Piani «segreti», per attentare alla vita dei burattinai della guerra in corso. Una partita di morte con migliaia di morti innocenti che qualcuno si illude di arrestate eliminando uno, o entrambi, i capipopolo che la stanno animando. Ma i due presidenti sono ormai obiettivi fuori dalla portata di qualsiasi sicario, foss'anche il più infallibile del mondo: i corpi di «Zar Vlad» e «Vovane» sono infatti protetti da un cordone di sicurezza impenetrabile.

Nei giorni scorsi, da parte del Cremlino, si è fatto cenno a «paure di avvelenamento» e a non meglio precisati «timori per blitz kamikaze»; ombre propagandistiche «made in Moscow» cui ieri ha replicato clamorosamente il governo di Kiev: «Vladimir Putin vuole morto Volodymr Zelensky, e ha chiesto ancora una volta di eliminarlo al macellaio ceceno, Ramzan Kadyrov».

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