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"La verità è un'altra". La guerra delle immagini sul vaiolo delle scimmie

Un gruppo di scienziati africani accusa i media mainstream occidentali di impiegare le foto di bambini del Continente nero anziché i maggiori pazienti di questa nuova ondata del virus: gli uomini occidentali che hanno avuto rapporti omosessuali

"La verità è un'altra". La guerra delle immagini sul vaiolo delle scimmie

Il "vaiolo delle scimmie"? È discriminatorio, almeno secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). L'istituto specializzato dell'Onu per la salute ha annunciato che sta lavorando con alcuni esperti per cambiare il nome del virus che si è diffuso in più di 20 paesi nelle ultime settimane, dopo che nei giorno scorsi un gruppo di scienziati internazionali ha lanciato l'allarme sulla "natura discriminatoria" dei nomi che vengono affibiati a queste malattie di natura virale. Ad annunciarlo è stato il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il quale ha affermato che l'organizzazione sta "lavorando con partner ed esperti di tutto il mondo" per trovare un nome alternativo alla patologia infettiva causata dall'Orthopoxvirus. Ma dietro questa iniziativa dell'Oms c'è molto di più.

Perché l'Oms vuole cambiare il nome al "vaiolo delle scimmie"

Il tutto nasce, come accennato, da un documento pubblicato venerdì scorso da un gruppo di scienziati africani, stufi di come i media rappresentino il virus con le immancabili foto di bambini (sempre africani) colpiti dalla malattia. Una rappresentazione non veritiera quando, a loro dire, i più colpiti sono in realtà gli occidentali di orientamento omosessuale. "Nel contesto dell'attuale epidemia globale, il continuo riferimento e la nomenclatura di questo virus africano non solo sono imprecisi, ma sono anche discriminatori e stigmatizzanti" sottolinea Christian Happi, direttore dell'African Center of Excellence for Genomics of Infectious Diseases presso la Redeemer's University di Ede, in Nigeria, uno dei promotori di quest'iniziativa.

"Se il SARS-CoV-2, ad esempio, non è stato chiamato il virus di Wuhan, allora la domanda è: perché abbiamo un virus che prende il nome da una specifica posizione geografica in Africa, e quindi per estensione che si estende alle persone in quelle aree”, ha detto Happi. "Se dobbiamo usare la posizione geografica come riferimento, allora lo deve essere per tutti i virus " afferma.

"Basta foto di bimbi africani malati, la verità è un'altra"

Happi si scaglia contro il modo in cui l'epidemia viene descritta dai media mainstream, a cominciare dalle foto dei bambini africani con lesioni da vaiolo delle scimmie che vengono utilizzate per parlare della diffusione della malattia. Lo scienziato nota infatti che quest'ondata di vaiolo delle scimmie non si sta diffondendo tra i bambini africani ma perlopiù tra gli uomini, occidentali, che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini.

"Lo troviamo molto discriminatorio, lo troviamo molto stigmatizzante e in una certa misura... lo trovo molto razzista", ha detto. "I media mainstream, invece di mostrare immagini di persone che si presentano con le lesioni, che sono uomini bianchi, continuano a proporre immagini di bambini in Africa e africani. E non c'è nessun collegamento". Capito? Lo scienziato africano accusa i media mainstream occidentali di "razzismo" perché le vere vittime di quest'ondata di vaiolo delle scimmie non sono i bimbi africani, ma gli occidentali gay. Chissà se questo gruppo di scienziati africani verrà accusato di "omofobia" dalle anime belle del politically correct. Ecco perché, al fine di togliere le castagne dal fuoco ed evitare ulteriori imbarazzi, l'Oms è pronto a trovare un nome diverso a questa patologia. Al più presto.

Che cos'è il "Monkeyprox"

Il vaiolo delle scimmie - Monkeypox - fu scoperto per la prima volta nel 1958 quando si verificarono due focolai fra gli essere umani di una malattia simile al vaiolo studiato fra le scimmie, da cui il nome "Monkeypox". Il primo caso umano di vaiolo delle scimmie è stato registrato nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Da allora, la malattia è stata segnalata in persone provenienti da molti Paesi dell'Africa centrale e occidentale: Camerun, Repubblica Centrafricana, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo e Sierra Leone.

La maggior parte dei contagi, prima dell'attuale ondata di casi, si registrava proprio nella Repubblica Democratica del Congo.

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