Guerra in Ucraina

"Vi dico perché Zelensky ha ragione sui russi e l'Olocausto"

Marina Sorina, a Verona dal 1995, scrittrice e guida turistica, vicepresidente dell’associazione ‘Malve’, spiega come la comunità ucraina sta vivendo questo terribile momento

"Vi dico perché Zelensky ha ragione sui russi e l'Olocausto"

Fino a ieri Verona era considerata la città che maggiormente aveva coltivato i rapporti con la Russia. Il Forum Eurasiatico, che l’anno scorso celebrava la sua quattordicesima edizione, era l’appuntamento annuale di questo filo annodato fra economia e politica, con grande spolvero di personalità dei due Paesi (l’ex premier ed ex presidente della Commissione Ue Romano Prodi, per esempio, è sempre stato in prima fila negli ultimi anni). Ma in riva all’Adige esiste anche una comunità ucraina che, con la guerra d’invasione scatenata dalla Russia in patria, ha intensificato l’attività per diffondere il punto di vista della propria gente e materialmente venire in soccorso dei rifugiati in arrivo dalle terre dilaniate dal conflitto. Marina Sorina, vicepresidente dell’associazione ‘Malve’, ha il telefonino bollente per le continue chiamate di concittadini, oltre che dei giornalisti. Nel capoluogo scaligero dal 1995, scrittrice e guida turistica, fa parte dell’organizzazione dal 2014, dopo le proteste di Kyiv che rovesciarono il governo filo-russo di Yanukovich. “In quegli anni siamo stati molto attivi con varie manifestazioni per sensibilizzare i veronesi sulla guerra dopo l’annessione russa di Crimea e Donbass. Poi, con la guerra per così dire ‘congelata’, ci siamo concentrati sull’assistenza alle famiglie ucraine che venivano qui per interventi oncologici, visto che l’ospedale di Borgo Trento è un’eccellenza internazionale. Ma è nel febbraio di quest’anno che si sono aggiunti molti nuovi alleati, non solo donne ma anche uomini: imprenditori, coreografi, anche una designer. Oriundi fra cui pure dei russi, c’è un’armena, io sono ebrea e c’è anche un altro paio di ebrei”.

In questo primo mese di guerra come si sta svolgendo la vita della vostra comunità?

"Su tre direzioni. La prima è la spedizione di aiuti umanitari: riceviamo richieste ogni giorno sia dalle istituzioni in Ucraina che dai nostri confratelli. Finora, grazie a una ditta di distribuzione, siamo riusciti a inviare 800 tonnellate di viveri e altri generi di necessità. La seconda è la prima accoglienza di profughi, che arrivano a frotte. Ci impegniamo anche in corsi d’italiano, che devono imparare se vogliono trovare un lavoro qui. La terza è comunicare informazioni con testimonianze di prima mano".

A Verona c’è anche una comunità russa. Avete rapporti?

"E cosa ne pensate del forte interesse della vostra città nei confronti della Russia negli anni scorsi? Verona è una città di affari e di turismo, naturale che abbia volto lo sguardo alla Russia. Sono molti i turisti che vengono qui, in genere persone colte e cosmopolite. Quanto a chi abita qui, si tratta di russe sposate con italiani. Direi che a occhio ci sono 10 ucraini per 1 un russo, come proporzione. Fino a tre settimane fa c’erano anche amicizie, poi solo un decimo su un centinaio ha manifestato rammarico, e appena una o due persone hanno avuto il coraggio di venire alle cinque manifestazioni che finora abbiamo organizzato in piazza. E guardi che a cantare a braccetto con me l’inno nazionale ucraino c’è stata un’amica russa. Diciamo che la larga base dei russi presenti è indifferente o connivente, un piccolo gruppo prova vergogna ma non fa nulla, e un gruppo minuscolo cerca di salvare la reputazione. Gli esuli bielorussi sono con noi, e così i georgiani e i moldavi".

Siamo continuamente bombardati dalle immagini delle distruzioni nel suo Paese. Quali sono le testimonianze vive che può portare dalla cerchia delle sue conoscenze?

"Potremmo dire mentre noi qua siamo bombardati dalle immagini, gli ucraini sono bombardati dalle bombe dei russi. Potrei raccontarle delle persone da Kharkiv, la città dei miei genitori, che contano i cadaveri mentre noi guardiamo tranquilli il cielo sopra di noi. Bisogna accendere l’empatia".

Lei prima diceva che la guerra è andata ‘congelandosi’ negli anni scorsi. Perché è iniziata otto anni fa, in Donbass e in Crimea. Bisogna accendere l’empatia anche le vittime civili dell’altra parte, fra i russofoni, o no?

"Le vittime ci sono da tutte le parti. Ma con una differenza: l’esercito ucraino difendeva la patria, com’è suo dovere. Non ha conquistato quelle terre, anche se avrebbe potuto, per non fare vittime. Vorrei aggiungere che l’elemento linguistico non c’entra niente: tutti siamo bilingui in Ucraina. Io stessa sono russofona".

Ma la guerra era ed è fra russofili e anti-russi. Da parte dell’Occidente è stata sottovalutata se non ignorata, non crede?

"Non ci si è accorti di un incendio che sarebbe divampato senz’altro. Gli italiani sono rimasti sul divano finchè le fiamme non sono arrivate ai loro piedi. Questo è avvenuto perché il benessere rende ciechi e sordi, a parte le forme simboliche di solidarietà che servono a ripulirsi la coscienza. Devo dire però che a fare eccezione, rispetto all’inerzia, sono stati in questi anni i cattolici, componente molto importante qui a Verona".

È indubbio tuttavia che l’opinione pubblica italiana sia spaccata. Nel vostro orizzonte quotidiano non avete mai percepito anche qualcuno più filo-russo che filo-ucraino, fra la gente comune?

"Per quel che posso dire io, il mio giudizio è molto positivo, al di là di ogni aspettativa. Tranne qualcuno ancora ancorato a vecchi schemi ideologici, abbiamo constatato una solidarietà trasversale, dal sindaco Sboarina alle associazioni imprenditoriali ai sindacati. Un po’ in disparte il mondo accademico, che ora ha difficoltà a rivedere certe posizioni. Per il resto, di negativo vedo semmai l’indifferenza di chi si macchia della colpa d’ignavia, che è un peccato mortale. Ma confido che anche gli indifferenti avranno modo di risvegliare la propria coscienza".

Anche lo schieramento che mostra di comprendere le ragioni di Putin, avanzamento della Nato in testa, è trasversale, specialmente a Verona in cui non è un mistero che parte della Lega sia di questa idea. E poi ci sono i pacifisti, contrari all’invio di armi italiane all’Ucraina. Che cosa ne pensa?

"I pacifisti che sbandierano la pace a parole dovrebbero sapere che così non si cambia alcunché. Vivono nel magico mondo delle idee, alle azioni concrete sostituiscono i buoni auspici. Nei loro discorsi manca la sofferenza del popolo ucraino, vorrebbero la pace sopra le nostre teste. Nella vicina Vicenza, nel primo sabato di manifestazioni per la pace, donne ucraine hanno interrotto il discorso dell’esponente dell’associazione organizzatrice, l’Anpi, perché non gradivano il suo intervento. Per lei si devono ascoltare tutte le opinioni? Ai compagni dell’Anpi direi che se gli Americani non avessero fornito le armi ai partigiani, ora forse in Italia si canterebbe ancora ‘Faccetta nera’. Penso che anche gli ucraini debbano poter dire la loro, tutti devono avere visibilità, e poi sta al pubblico che ascolta decidere eventualmente chi abbia ragione".

Di Zelenskij e del modo in cui sta gestendo il conflitto, che opinione ha?

"Personalmente non ho mai avuto simpatia per lui. Ai tempi votai Poroshenko, perché più equilibrato come dev’essere un uomo di governo. Zelenskij era un personaggio ambiguo, pensavo ci avrebbe venduto ai russi. Negli anni, pur avendo pessimi consiglieri, ha dimostrato di non voler cedere la sovranità dell’Ucraina. Dopo essere stato eletto ha imparato meglio l’ucraino, visto che anche lui è russofono. Con la guerra si è svegliato il patriota che è in lui, non è scappato, ha tirato fuori gli attributi. Posso dire che è il mio presidente".

Anche quando paragona l’invasione russa alla Shoah, indignando Israele che sta tentando di mediare?

"Sottoscrivo ogni parola di Zelenskij, quando parla di ‘soluzione finale’. Non si tratta ovviamente di genocidio su base razziale, ma di cittadinanza. In Ucraina, del resto, ci sono moltissime etnie. La verità è che non abbiamo ancora visto nulla, ci saranno fosse comuni e campi di sterminio".

Da dove le deriva questa certezza?

"Dal fatto che conosco l’ideologia nazionalista e imperialista che gode di largo consenso in Russia. Basta vedere che hanno cominciato già le deportazioni. I russi chiedono di portarsi solo un bagaglio leggero, come fece Stalin con i tartari di Crimea, e dopo qualche settimana finivano cadaveri o nudi al freddo in Siberia. Sarà la stessa cosa, solo stemperata perché oggi con i telefonini le immagini circolano".

Come spiega questo largo consenso a Putin, tra i russi?

"Si credono una razza superiore poco rispettata nel mondo. Lo stesso atteggiamento che c’era ai tempi dell’Unione Sovietica: “tutto il mondo ci è nemico, gli Usa sono cattivi e l’Europa è un luogo di decadenza”. In più, rispetto ad allora, c’è il sentimento di rivalsa contro gli Stati ex sovietici, come quelli baltici, che si sono slegati dalla Russia. Le racconto questo aneddoto. Una volta, da guida turistica, accompagnavo in centro a Verona una famiglia russa. Arrivati a Castelvecchio, il figlio piccolo lo guarda e dice: ‘Ma che bel castello. Però in Russia non ne abbiamo uno così. Lo distruggiamo così non ce lo avete nemmeno voi”. Ma perché non pensare di costruirne un altro, ho detto io. ‘Perché distruggere è più facile’, mi ha risposto. Gli adulti ridevano. In quel momento ho capito che passato e presente si ricongiungevano in quel bambino che ha assorbito le idee dei suoi nonni e genitori e di quel che ha sentito a scuola e alla tv. Vivono con l’idea della gloria del passato, e non capiscono che l’unico modo per farsi rispettare non è con le armi, ma con il commercio, la cultura, la tecnologia, l’apertura".

Le armi per la verità le usano tutti, sul nostro pianeta.

"Certo, ma meglio usarle per difendere il proprio territorio".

In parallelo allo scontro di armi c’è lo scontro dell’informazione. Il governo ucraino ha stabilito una stretta alla libertà dei media e ha vietato i partiti filo-russi. Quanto è compatto il popolo ucraino, in base a quel che vi viene riferito dai vostri canali?

"Ci viene riferito questo: che loro ci distruggeranno, ma noi non ci arrenderemo. Anche chi votava partiti filo-russi oggi non ha dubbi su chi bombarda, fra l’altro, anche chiese del patriarcato di Mosca. Non hanno più dubbi neanche a Mariupol, Odessa, Kharkiv che sono al 95% russofone. I miei genitori stessi avevano la pia illusione che i russi, popolo di grande cultura, non li avrebbero attaccati. E invece… L’unico partito che prima della guerra era già bandito era quello comunista, esattamente come il partito fascista è vietato in Italia. Hanno fatto bene a chiudere media prezzolati da Mosca.

In tempi di guerra vigono leggi di guerra".

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