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Come viene creato lo storytelling pro-migranti

Circolano sui media le foto dei profughi abbandonati nella neve nei campi profughi in Bosnia. È la creazione dell'ennesima narrazione sul tema migranti

Come viene creato lo storytelling pro-migranti

Le Ong tornano alla carica sui migranti. Come riporta l'agenzia Adnkronos, in una dichiarazione congiunta, Amnesty International, Jesuit Refugee Service Europe, Médecins du Monde Belgique e Refugee Rights Europe hanno sollecitato un'azione immediata per risolvere la crisi umanitaria in corso in Bosnia ed Erzegovina e individuare soluzioni istituzionali di lungo periodo per venire incontro alle necessità delle persone che transitano attraverso lo stato balcanico. Amnesty e i partner avvertono che attualmente circa 2500 migranti e richiedenti asilo, tra cui 900 ospiti del campo provvisorio di Lipa, restano senza riparo e al gelo. le autorità della Bosnia ed Erzegovina continuano a non fornire alloggi adeguati e le agenzie dell'Unione europea tendono sempre ad appoggiare soluzioni di corto respiro. Il Corriere della Sera scrive che la "Bosnia abbandona i migranti nella neve", pubblicando una galleria fotografica dei richiedenti asilo ospitati in una tendopoli provvisoria a Bihac. Nessuno nega la grande sofferenza e le precarie condizioni in cui queste persone stiano affrontando l'inverno. Ciò che colpisce, tuttavia, è l'ennesimo storytelling sul tema migranti messo in piedi da media, Ong e forze politiche.

Lo strumento dell'indignazione

"Nessuno mente tanto quanto l'indignato" scriveva il filosofo Friedrich Nietzsche nella sua opera Al di là del bene e del male (1886). Viviamo in una società dello spettacolo, dove le immagini spesso riescono a incanalare l'indignazione degli spettatori a favore di una battaglia politica piuttosto che un'altra attraverso la costruzione di uno storytelling. Nelle più moderne "guerre ibride", la costruzione di una narrazione può radicalmente cambiare le sorti del conflitto a favore di una fazione piuttosto che di un'altra: nella società dello spettacolo, infatti, conquistare l'opinione pubblica è fondamentale. Nulla funziona più dell'indignazione anche quando si parla di migranti e migrazioni. Fenomeno complesso e articolato, dove in ballo ci sono interessi nazionali e sovranazionali, spesso ridotto e banalizzato a poche immagini-simbolo (perlopiù strazianti, che devono colpire al cuore lo spettatore).

Come dimenticare quella foto shock del piccolo Alan Kurdi, il profugo siriano fotografato senza vita a faccia in giù, appena lambito dall'acqua, le braccia abbandonate, immobile nella morte, annegato nell'ottobre del 2015 davanti alla spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia, con indosso ancora la maglietta rossa e i pantaloncini scuri, le scarpe allacciate. Quella immagine iconica fece il giro del web e fu rilanciata all'infinito su Twitter, diventato il simbolo della tragedia dei migranti. Una tragedia nella tragedia, che però fu ampiamente strumentalizzata da Ong e da tutto un sistema mediatico per giustificare scellerate politiche migratorie "open borders" che, nella realtà dei fatti, non perseguono il bene né dei migranti stessi né, tantomeno, delle nazioni che li accolgono. Come ricordava qualche tempo fa il professor Marco Gervasoni su IlGiornale, attorno a quell'immagine, un intero trust di Ong, di media internazionali, di forze politiche, orchestrò infatti una campagna per chiedere ancora più immigrazione, e all'Europa di aprirsi totalmente a chi arrivava dal mare. Del resto pochi giorni prima Merkel aveva pronunciato lo slogan Wir schaffen das ("ce la possiamo fare") e necessitava di un supporto emozionale per convincere i tedeschi ad accogliere tutti gli immigrati, anche se venivano dai Balcani.

La foto dell'immigrato morto nel Mediterraneo

La storia si ripete, sempre. Lo scorso luglio ricorda Gervasoni, benché su scala italiana, si era tentata la stessa operazione, con la fotografia di un immigrato morto, incastrato in un canotto alla deriva da giorni nelle acque del Mediterraneo. La Repubblica lanciò la campagna mediatica, subito raccolta da un buon numero di deputati della maggioranza giallo-rossa, capeggiati da Laura Boldrini e Matteo Orfini, favorevoli a rompere gli accordi tra Italia e Libia sull'immigrazione. Lo strumento dell'indignazione a orologeria aveva mostrato ancora una volta la sua efficacia.

Il bello, si fa per dire, è che sono le stesse persone che accusano populisti e sovranisti di rivolgersi alla "pancia" del Paese: quando non c'è nulla di più populista e superficiale che discutere di un tema serissimo come l'immigrazione attraverso le narrazioni.

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