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Virus Zika, presidente Rousseff chiede aiuto alle chiese

La presidente del Brasile ha chiesto aiuto alle chiese del suo Paese affinché coinvolgano attivamente i propri fedeli nella lotta contro la zanzara responsabile della trasmissione di Zika. Confermata la terza vittima per il virus

Virus Zika, presidente Rousseff chiede aiuto alle chiese

Il governo brasiliano ha confermato che la morte di una giovane donna avvenuta nell'aprile dell'anno scorso è stata causata dal virus zika. Si tratta della terza vittima accertata per diffusione del virus. La ragazza, una 20enne, è morta a causa di gravi problemi respiratori che, secondo l'esame autoptico divulgato dieci mesi dopo, furono provocati da zika. Gli altri due casi mortali si sono registrati a ottobre e novembre scorso nella regione nord orientale del Brasile, dove è stata comprovata una maggiore diffusione del virus.

Intanto la presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha chiesto aiuto alle chiese del suo Paese. Ma cosa potranno fare preti e suore per fronteggiare il temibile virus? Coinvolgere attivamente i propri fedeli - a partire dall'informazione - nella lotta contro l’Aedes aegypti, la zanzara responsabile per la trasmissione di Zika, dengue e chikungunya. L’appello è stato rivolto durante un incontro con i leader di tutte le chiese cristiane, occorso ieri nel Palacio do Planalto, sede della presidenza della Repubblica a Brasilia. Secondo il governo, due terzi dei focolai larvali dei temuti insetti si trovano nelle residenze private.

Un nuovo test rapido

Un test molecolare per individuare la presenza del virus Zika in sole 5 ore, invece che in 5-8 giorni come avviene con le analisi finora a disposizione. L'esame ultra-rapido è stato messo a punto dagli scienziati brasiliani dell'università di Campinas (Unicamp), insieme a colleghi dell'università di San Paolo (Usp) e della San Paolo State University (Unesp), che hanno utilizzato informazioni ricevute da ricercatori senegalesi impegnati in passato nella lotta all'infezione veicolata dalle zanzare Aedes. A partire da lunedì 15 febbraio, il nuovo test verrà utilizzato per analizzare campioni prelevati da pazienti con sospetta malattia da Zika assistiti presso il Campinas Clinical Hospital nello Stato di San Paolo. In caso di positività all'esame, il materiale biologico verrà inviato ai laboratori di ricerca che studiano la patologia, che potranno così isolare il virus e procedere alla tipizzazione genetica. La speranza degli esperti è che questa nuova arma possa segnare un nuovo passo nella lotta all'infezione. Il test "fast" potrebbe infatti rimpiazzare le 2 analisi utilizzate oggi, che impiegano fino a 5 giorni per identificare Zika nel sangue e fino a 8 giorni per rilevarlo nelle urine.

Legami Zika-microcefalia

Non è ancora la "pistola fumante", ma un ulteriore indizio del legame tra Zika e microcefalia viene da uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine. Il cervello del feto di una donna colpita dal virus, raccontano i ricercatori dell’università di Lubiana, è risultato più piccolo della media e malformato, e nei tessuti è stato trovato il virus. Lo studio descrive il caso, che risale allo scorso ottobre, di una donna di 25 anni che ha avuto i sintomi di Zika mentre si trovava in Brasile come volontaria alla tredicesima settimana di gravidanza. Una volta tornata in patria le ecografie hanno mostrato una circonferenza cranica inferiore alla media e segni di calcificazione nel tessuto cerebrale e nella placenta, un indizio di danni da virus, e la paziente ha deciso di interrompere la gravidanza. L’autopsia del feto ha mostrato malformazioni e presenza del virus nel cervello, mentre gli altri organi stavano crescendo normalmente. "Questa non è la prova assoluta che Zika causi la microcefalia - commenta Eric Rubin dell’università di Harvard in un editoriale sulla rivista - ma rende il legame più stretto". Dei 4mila casi presunti di microcefalia in Brasile, ricordano comunque gli esperti, 404 sono stati confermati fino a questo momento, e in 17 di questi è stata accertata la presenza del virus Zika.

Due di questi sono stati descritti dai ricercatori sulla rivista del Cdc, con risultati molto simili a quelli dello studio sloveno.

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