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Il politicamente corretto lincia la Atwood

La nota scrittrice canadese, 81 anni, ha pubblicato un articolo d'opinione che lancia l'allarme sul rischio che la parola "donna" possa essere "eliminata" dal politically correct

"Vogliono eliminare la parola donna": bufera su Margaret Atwood

È diventato veramente complesso al giorno d'oggi per una persona un po' in vista, nell'era del pensiero unico politicamente corretto e della woke supremacy, poter esprimere liberamente il proprio pensiero senza rischiare di dover fare i conti con l'inquisizione laica della cancel culture. A finire nel mirino degli indignados della correttezza politica questa volta è Margaret Atwood, 81 anni, una delle voci più note della narrativa e della poesia canadese famosa in tutto il mondo. Più volte candidata al Premio Nobel per la letteratura, Atwood ha vinto premi prestigiosi quali il Booker Prize nel 2000 per L'assassino cieco e nel 2008 il premio Principe delle Asturie. Nel 2017 ha inoltre ricevuto il prestigioso Raymond Chandler Award, istituito da Irene Bignardi nel 1996 in collaborazione con il Raymond Chandler Estate. Laureata a Harvard, ha pubblicato oltre venticinque libri tra romanzi, racconti, raccolte di poesia, libri per bambini e saggi. Basta scorrere il suo profilo twitter, per comprendere come Atwood sia una donna di orientamento progressista e non certo una fervente conservatrice. .

Anche Atwood vittima del pensiero unico

Eppure, come spesso accade ultimamente, basta una frase, una parolina fuori posto, un pensiero fuori dal coro e non conforme, per scatenare la bufera. Anzi, basta addittura meno: è sufficiente condividere un link "sbagliato", come ha potuto constatare lei stessa quando ha condiviso ieri su Twitter e con i suoi 2 milioni di follower, un articolo di opinione del Toronto Star intitolato "Perché non possiamo più dire "donna?". Come riporta il Corriere della Sera, secondo l'autrice, Rosie DiManno, il termine "donna" sarebbe "a rischio di diventare una parolaccia" e potrebbe alla fine essere "sradicato dal vocabolario medico e cancellato dalla conversazione". Critica quella che le sembra una "infelice evoluzione del linguaggio" e "l'attivismo trans impazzito", ma garantisce che l'articolo non rappresenta "una tesi contro l'autoidentificazione di genere" e che sostiene la causa dell'uguaglianza Lgbtq. Nulla di nuovo per chi conosce la (dura) diatriba culturale in corso fra transgender e femministe radicali. Contro la povera scrittrice, subito accusata di "transfobia" sono piovute le critiche, osservazioni e - anche - gli insulti più disparati.

"Delusa da lei". Bufera sulla scrittrice

"Nessuno vieta la parola donna" le fa notare Katie Mack. "Molte organizzazioni stanno, giustamente, optando per un linguaggio preciso quando parlano di cose che hanno a che fare con tratti biologici piuttosto che con l'identità di genere. Non è un attacco alla femminilità non equiparare il genere alla biologia specifica". "Sono delusa dal tu lo abbia condiviso perché di fatto non è vero" afferma Mx. Amanda Jetté Knox. "Possiamo ancora dire "donna" e possiamo anche dire "persone" quando ha senso usare un linguaggio più inclusivo. Non sono binario. Ho anche le mestruazioni e ho dato alla luce 3 bambini. Dire persone con il ciclopersone include le donne. E me". Ma c'è anche chi ci va giù pù duro: "Per favore, non cadere in questa merda. La parola donna non è bandita. Ad esempio, dire 'persone' non esclude le donne. Le persone stanno semplicemente riconoscendo che possiamo usare un linguaggio inclusivo nelle discussioni che possono includere le donne, ma non esclusivamente".

Insomma, gli stessi critici ammettono che la parola "donna" sta scomparendo per far posto a un più inclusivo "persone". Ma ciò che è sempre più evidente che certe "libertà" a sinistra non si possono proprio contemplare.

Soprattutto se si tratta di minoranze e diritti Lgbtq.

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