Monicelli graffia con la sua guerra bis

Bel colpo girare - a settant'anni di distanza - due film ambientati nello stesso posto: nel 1936, come aiuto-regista di Augusto Genina, Mario Monicelli prese la via della Libia per girare Squadrone bianco; nel 2006 Monicelli l'ha ripresa per firmare Le rose del deserto. In realtà, quella sullo schermo è la Tunisia, che però «recita» bene da Libia; solo la pretesa Bengasi non è all'altezza.
Partendo dal romanzo del viareggino Mario Tobino Il deserto della Libia (Mondadori) - già ispiratore di Scemo di guerra di Dino Risi -, il viareggino Monicelli imprime a un episodio della guerra italo-inglese i toni grotteschi, vitalismo in meno, dell'Armata Brancaleone. Dunque i personaggi non sono vili, come quelli della sua Grande guerra (1959), ma folli o disadattati. E non c'è ricerca di facile comicità, salvo nel caso del generale motorizzato impersonato da Tatti Sanguineti.
Siamo fra autunno 1940 e autunno 1941. Un ospedale da campo del Regio esercito è comandato da un maggiore (Alessandro Haber), che scrive in continuazione alla moglie, scaricando i suoi doveri su un tenente (Giorgio Pasotti), volontario per il gusto dell'esplorazione. Nel vuoto di potere, un frate pugliese arrogante (Michele Placido) prende la testa del reparto.
La guerra si trascina. Anziché avanzare, il Regio esercito retrocede; in suo aiuto arriva l'Afrika Korps. Ma non ci sono scene di battaglia nelle Rose del deserto: più che un film sulla guerra o contro la medesima, è un film sulle miserie umane, che le situazioni di una guerra esasperano. Del resto le rose del titolo non sono veri fiori, ma escrementi cristallizzati...
Se la ricostruzione d'ambiente è dignitosa (come ci si può aspettare da un regista che certe realtà le ha viste), imperfetto è il reperimento dei veicoli d'epoca. Ma imperdonabile è solo che nel 1940 si parli di Addio Kira di Goffredo Alessandrini, uscito nel 1942, e che il lessico («democrazia», «libertà», ecc.

) non sia di allora, ma di oggi, per evocare non la difesa del Mare nostrum, ma l'invasione dell'Irak. Peccato: certe allusive goffaggini sono degne di Salvatores, non di Monicelli.

LE ROSE DEL DESERTO di Mario Monicelli (Italia, 2006), con Alessandro Haber, Giorgio Pasotti. 102 minuti

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