Ankara - Gli Stati Uniti promettono un’azione "efficace" contro i guerriglieri separatisti del Pkk curdo in azione nel nord dell’Irak, ma mettono in guardia Ankara contro attacchi militari che potrebbero destabilizzare l’area. Il segretario di Stato Usa, Condoleeza Rice, arrivata stamane ad Ankara per tentare di disinnescare la crisi con le armi della democrazia, ha definito il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) un "comune nemico", ma non ha chiarito a quali passi Washington stia pensando.
"Ma niente attacco in Irak" Sul volo diretto ad Ankara, nel corso di un atterraggio di rifornimento in Irlanda, la Rice ha ribadito che "nulla che destabilizzi l’Irak settentrionale potrà portare giovamento alla Turchia, ai nostri interessi nè a quelli iracheni". "E questa è la ragione per cui sollecitiamo moderazione, ma comprendiamo la necessità di fare qualcosa di efficace contro la minaccia del Pkk",, ha continuato. "Il Pkk è un nemico degli Stati Uniti proprio come è un nemico del popolo turco". La Rice ad Ankara ha incontrato il suo omologo turco, Ali Babacan, e il primo ministro, Recep Tayyip Erdogan per tentare di convincere il governo turco a non agire da solo e coordinare le sue azioni contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan con Stati Uniti e Iraq. Al termine dei colloqui ad Ankara, il segretario di Stato Usa partirà alla volta di Istanbul, dove in serata prende il via la II Conferenza Internazionale sull’Iraq (presente il sottosegretario agli Esteri, Ugo Intini).
La situazione nel nord dell’Irak e le minacce di intervento turco contro il Pkk saranno certamente al centro della Conferenza di Istanbul, convocata inizialmente come foro di discussione per i Paesi confinanti con l’Iraq. Alla riunione partecipano rappresentanti di Iraq, Iran, Kuwait, Bahrein, Arabia Saudita, Egitto, Giordania e Siria, insieme ai rappresentanti del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Usa, Francia, Regno Unito, Cina e Russia). Partecipano inoltre delegati dei restanti Paesi del G8 (oltre all’Italia, Giappone, Germania e Canada) insieme a quelli dell’Onu, dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, della lega Araba e della Commissione Europea. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ad Ankara per incontrare le autorità turche, si sposterà successivamente ad Istanbul.
Il capo del Pkk: "Se attaccano sarà un nuovo Libano" Se le forze armate turche invaderanno
il Kurdistan iracheno, l’esercito di Ankara "farà la fine di
quello israeliano che tentò di invadere il sud del Libano
l’anno scorso": con tono pacato, Bahuz Ardal, capo del braccio
armato del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), ha
ammonito i grandi del mondo, riuniti da oggi a Istanbul per
parlare di Irak ma anche per tentare di risolvere la crisi
turco-curda.
In una duplice rara apparizione mediatica, prima sulle
colonne del quotidiano panarabo al-Hayat e poi sugli schermi
della tv satellitare al-Jazira, Ardal, responsabile delle "forze di difesa popolari", ha criticato l’atteggiamento di
Washington che "con una mano appoggia il governo turco contro
di noi, e con l’altra sostiene i diritti dei curdi in Irak". "Non esistono curdi buoni da sostenere e curdi cattivi da
bollare come terroristi".
Seduto a terra tra il verde della fitta vegetazione di una
non ben definita località sul versante iracheno del monte
Qandil, tra Turchia e Irak, Ardal ha ripetuto ad al-Jazira
quanto già aveva affermato ad al-Hayat: "Le operazioni
militari contro l’esercito turco cesseranno quando Ankara
accetterà di avviare negoziati per riconoscere i diritti del
nostro popolo".
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